"che basta un filo di vento
per venirci a guidare
perché siamo naviganti
senza navigare
mai."

mercoledì 22 dicembre 2010

Above us only snow



Oggi arrivano! meteo permettendo. E stavolta partono dall'aeroporto di Liverpool.
A proposito. Invece di essere intitolato a sante, papi o mutilati di guerra, come faremmo noi qui, questo aeroporto porta il nome di un'icona del rock (va bene che delle prime due categorie gli inglesi possono essere un po' scarsini, ma gli eroi di guerra certo non gli mancano).Non solo, ha anche un bellissimo logo ed un pay-off molto molto efficace e accattivante.






E mentre, di nuovo, rimango affascinato da questo loro modo di essere al passo coi tempi, con coraggio e classe da vendere, questa capacità di mixare l'orgoglio per un passato glorioso e la capacità di valorizzare ogni contributo alla modernità.... mentre ammiro tutto questo, dicevo, non so perché, ma inizio ad avere una strana sensazione. Inizio a pensare che, prima o poi, scoprirò che l'apparenza inganna, che sotto sotto ci sia una colossale fregatura.

martedì 21 dicembre 2010

I figli di


Nel bel mezzo della bufera "riforma" Gelmini (quella che cambierà la vita di noi tutti), oggi su Corriere.it si parla di alcune nomine universitarie fatte in extremis in favore di figli di. Non faccio nomi che non ho i soldi per gestire una class action di querelanti. Per la verità non so nemmeno se questi figli di siano realmente dei raccomandati o se invece meritano il posto che occupano, pur essendo dei figli di.
Quello che so, è che in università ce ne sono tanti di figli di che un posto ce l'hanno senza essere figli di. Il problema non è (solo) se a qualcuno viene in mente di raccomandare il figlio di, che tanto lo sappiamo che se hai un padre primario e vuoi fare il medico o se hai un padre rettore e vuoi fare il prof universitario è più facile. Ma che scoperta. Se il mondo fosse ribaltato e il lavoro migliore fosse fare la lavandaia, io sarei una figlia di. E magari sarei pure raccomandata; ma se non lo fossi sarei comunque avvantaggiata perché conoscerei i fornitori migliori, le macchine migliori, le malizie del lavoro, gli smacchiatori, la tecnica migliore per stirare più camice possibili in un ora, gli orari dei vigili di ronda (per poter parcheggiare in doppia fila quando faccio le consegne senza rischiare una multa ogni 10 passi)... Sarei una privilegiata, come lo sono i figli di. Non sarà bello, farò pure un po' incazzare, ma posso ancora tollerarlo.
Quello che invece fa veramente incazzare è vedere un figlio di nessuno che, pezzente come me, si infila nel pertugio strettissimo di un concorso universitario e se lo porta a casa, sia pure un 3+3, pur non avendo scritto inventato o pubblicato una beata mazza.
Ecco questo proprio me le fa girare a pala di mulino.

domenica 19 dicembre 2010

Gli emigranti, quelli veri

Arrivo al centro commerciale più grande della città. Chi ne ha deciso la posizione ha cercato di renderlo molto attraente ai ticinesi, che se lo trovano a dieci minuti dal confine di Mendrisio. Loro mettono al confine discariche, bordelli e casinò. Noi supermercati.
Arrivo al centro, dicevo, e trovo 4 torpedoni con targa tedesca e un brulicare di persone attorno che arrivano coi carrelli pieni di ogni leccornia natalizia, intenti a caricare tutto il possibile nel vano bagagli. Mi avvicino, e sento parlare in italiano, con diverse sfumature tutte chiaramente meridionali.
E allora non capisco. Se sono emigranti che vanno al paese, perché diavolo si fermano a Varese a comprare il tartufone? Se stanno rientrando in Germania, ma cosa rientrano a fare il 19 dicembre? 
Disorientato, decido di intervistarne uno, cioè detto meglio: di farmi i cazzi loro.


Si tratta di una comunità di italiani emigrati a Lörrach, un piccolo paesino del sud della Germania, vicino al confine svizzero, dalle parti di Basilea insomma.
Mi dice che tutti gli anni, si fanno 600 Km in pullman per venire in Italia ad acquistare prodotti che lassù non si trovano, o si trovano a prezzi doppi o tripli. Per rendere anche questo Natale, passato in un paese straniero dove per altro anch'io ho vissuto due anni, il più simile possibile a quello di casa.
E allora ho pensato alla nostra condizione di emigranti "volontari", tra acquisti online, aerei lowcost e internet veloce. E che di questi italiani sparpagliati, in fondo, non frega proprio niente a nessuno.
Tanto che nel centro commerciale sembravano alieni, cittadini di un mondo parallelo, che incrocia il nostro nel 3x2 sul panettone.

sabato 18 dicembre 2010

Sulla strada di casa...


Ci stiamo preparando per il rientro. Il gran giorno è previsto per mercoledì 22. Prenderemo un bus per Crewe, un treno per Liverpool Station Qualchecosa e di nuovo un bus per Liverpool Airport; dopo di che solo il caso potrà dire se dovremo prendere un altro bus per l'aereo o ci dovremo accontentare di un tunnel e vari km di scale.
I pupi sono eccitati per via di tutti i mezzi di trasporto elencati e per le svariate possibilità di fuga che si presenteranno (niente passeggino questa volta, solo noi 3, uno zaino e una valigia). In effetti stavo pensando a due guinzagli. Non vedono l'ora di fare questo viaggio perché sanno perfettamente che la mamma saprà mostrare una pazienza infinita e rimarrà calma anche se a loro verrà una gran voglia di toccare tutte le schifezze per terra, tutti i cestini della spazzatura e tutti i cessi dell'aeroporto. I pargoli d'oro, i miei due angioletti, sanno che non sono il tipo che si mette a fare la piazzata in mezzo alla gente; la mamma al massimo ringhia sottovoce minacce incomprensibili accompagnando il sibilo (presente il serpentese di Harry Potter?) con uno sguardo da pazza (e gli occhi fuori dalle orbite della Carfagna?). Certo, saranno minacciati a dovere prima di partire, della serie “guardate che telefono a Babbo Natale e gli dico di non portarvi nulla”, ma tanto la memoria è corta a questa età e una volta messo il piede fuori di casa qualcuno starà già scivolando con il sedere per terra sul ghiaccio.. giù giù fino in fondo alla discesa...
Posso ancora fregarli con la storia del pilota che dice che tutti i bimbi devono stare seduti con la cintura legata, ma, insomma diciamocelo, questo non durerà ancora per molto. Fra un po', Giorgio mi guarderà serio e mi dirà: “no mamma, ti sbagli. Non ha detto così. Ha detto che stiamo per atterrare”, mentre Dodo approfitterà del mio smarrimento per arrampicarsi sulla cappelliera....

venerdì 17 dicembre 2010

Un uomo solo allo sbando - parte seconda

L'altra sera sono tornato a casa, ho acceso la luce e ho scoperto che le quattro cornici ikea - praticamente un quadro svedese - con le foto dei nostri piccoli erano crollate per terra, vetri rotti ovunque.

Al momento ho pensato al terremoto, poi mi sono ricordato di averli attaccati proprio male quei quadri, praticamente solo appoggiati a un piccolo gancetto, e che nell'appartamento a fianco stanno facendo dei lavori di massiccia ristrutturazione. Qualche colpo al muro o la vibrazione di un attrezzo da cantiere e quelli... bum, sul pavimento.
Salvate le foto, ho raccolto scrupolosamente tutti i vetri, li ho messi in un contenitore e li ho portati giù da basso, dove ci sono i bidoni per la raccolta differenziata. E qui, ho preso i vetri e li ho buttati.

Nell'umido.

E mi son sbagliato, che sarà mai... bidoni marroni, verdi, bianchi, differenziata all'italiana, all'inglese, la lattina che non va più col vetro in italia ma con la plastica, mentre in inghilterra va ancora nel vetro ma non gli mettere la carta col cartone perché sennò gli inglesi si incazzano, e la settimana verde e la settimana blu non ci si capisce una fava lessa.

Poi ho pensato, mica si potranno lasciare i vetri nell'umido? E se ci mette le mani l'omino? Allora ho preso il bidone dell'umido e l'ho rovesciato nel bidone del vetro.
Ma dentro al bidone dell'umido oltre ai miei vetri, lo dice poi la parola stessa, ci sono i sacchetti dell'umido, e ora son finiti nel vetro.... io, giuro, un paio li ho tolti, ma qualcosa è rimasto dentro.
 Sicché se vi dovesse capitare di vedere una bottiglia non molto trasparente, o una vetrata che dà sul marroncino, sapete quale vetro è stato utilizzato. E' così che si fa il vetro fumé,no?

lunedì 13 dicembre 2010

Eddai, una fettina di prossiutto!

Ieri sono rientrato col solito idrovolante della Flybe, questa volta dedicato (con mega immagine sulla fiancata) al grande George Best. Roba che almeno ti aspetti di avere i drinks gratis!


Nonostante il mezzo di trasporto, il volo è stato piacevole grazie al manager di Unilever che mi sedeva accanto. Mi raccontava la sua esperienza, tasferito dall'Inghilterra all'Italia per quattro anni con moglie e figli piccoli, e le difficoltà dei primi mesi, così simili alle nostre anche se "al contrario".
Straordinario il racconto dell'inferno vissuto dalla moglie vegetariana, costantemente sotto l'attacco di massaie incredule.
L'Italia è un paese dove le regole, anche quelle personali, devono avere in qualche modo una scappatoia, una via d'uscita. E quindi me la vedo sta povera donna martoriata per anni da centinaia di: "va bene che non mangi la bistecca o l'arrosto, ma le tagliatelle al ragu.... i ravioloni... un pezzettino di salame.... mo non è mica carne quella!"

Wisteria-Plantation Park-Lane

Imbarcato il marito sull'idrovolante, messi i pupi a letto, mi dedico alla mia serie preferita.

(voce narrante: donna. immagine dall'alto, la camera che passa da una casa all'altra) è un tranquillo pomeriggio domenicale a Wisteria-Plantation Park-Lane. tutto è tranquillo, la temperatura non supera i 2 gradi e il sole non si vede da qualche settimana oramai (del resto non siamo mica negli Universal Studios). gli abitanti di Wisteria-Plantation Park-Lane vivono placidamente le loro vite.... oppure no....

(la camera stacca sulle facce dei protagonisti; la musica si modula sulla voce narrante)
La vicina del 9 beve davvero tanto quanto sembra? L'altra mattina al bar dell'Università aveva un the e una sospetta fiaschetta argentata in mano... mmm
Quella del 12 è davvero simpatica come sembra o nasconde un caratterino da iena? Ieri l'altro alzava gli occhi al cielo mentre parlava con una collega...
Gli ecologisti del 9 cosa fanno della spazzatura? Avranno un impianto illegale di riciclaggio nel garage? La mandano a Napoli? In compenso, quando escono per pulire il retro, si godono il faretto di quelli dell'8 che si accende in automatico...
E quella del 6 cosa nasconde dietro a quel sorriso smagliante...? Avrà una relazione con il dentista, come si mormora da tempo...?
Al 20 ci sono ancora fuori le decorazioni di Halloween... sembra che litighino così tanto che lui pensa solo al suo cane e lei si fa le canne, dimenticandosi del figlio e delle decorazioni...

(to be continued....)

domenica 12 dicembre 2010

Handy Carlo

E io che mi credevo di rientrare dopo una settimana trascorsa in UK e poter scrivere un post sociopoliticoculturalvattelapesca... un commento sugli studenti che vogliono tagliar la testa a Carlo&Camilla o una riflessione "arguta" sul dibattito alla camera dei comuni riguardo alla passione di Cameron per gli Smiths.
Niente. No way.
Sono stato sopraffatto da: lafinestradaggiustare, internetchenonfunziona, ilfusibiledellamacchinadacambiare, ilpiccoloconlagastroenterite, lalistadeiregalimiraccomando, ilparabrezzascheggiatodacontrollare e via così. 
Ma tutte ste robe non poteva farle Handy Manny, l'eroe dei miei figli? 
In realtà mi diverto tantissimo. Penso di fare sempre la figura del matto italiano con l'urgenza impellente, quello che se non gli viene risolto il problema immediatamente non può più far rientro a casa e la famiglia che piange, i figli che muoiono di fame e il paese in processione con la mia foto.

sabato 11 dicembre 2010

and the bells were ringing out...

Non ho resistito, mi sono buttato nei favolosi negozi di biglietti d'auguri (vedi post precedente). E oltre ai 21 biglietti per tutti i compagni d'asilo dei nostri piccoli + le maestre ho trovato uno sbriluccicante biglietto nella categoria "da vicini di casa a vicini di casa". Se riusciamo a giocare d'anticipo, con questo stracciamo pure la vicina preta.
E spulciando tra i biglietti più improbabili ho apprezzato la cultura pop di questo strano paese: nel negozio risuonava "Fairytale of New York" dei Pogues. E le vecchine canticchiavano. Meraviglioso.

giovedì 9 dicembre 2010

Ma una bella stretta di mano in corridoio no?!

Qui gli auguri sono una cosa seria, ma seria seria eh!
Esistono centinaia di negozi pieni di biglietti d'auguri. In una cittadina come Newcastle ce ne saranno almeno 5. E stiamo parlando praticamente di Gavirate, niente di piu'.
E non sono mica dei bugigattoli bui! Eh, no! Sono fondi da almeno 100 mq!! (oh, madonna, come mi sento mio nonno Amedeo ora!)
Poi i biglietti. Mica ci trovi solo quelli classici per i compleanni, da 0 a 120, onomastici, ho persino trovato il nome (che non esiste santa Serena), matrimoni, nascite, lauree...
Ci sono anche quelli super speciali, tipo: ci aiuguriamo che la tua prostata migliori a breve; speriamo che il tuo brufolo si asciughi prima di sabato; ci auguriamo che Cesare vada a quel paese presto; sono contento che ti sposi per la terza volta; ...
Per dire del contenuto; poi c'e' la forma. Praticamente esistono tutte le dimensioni, i colori, le forme; ci sono con la musica, senza la musica, con le donne nude, con il palloncino integrato, nella versione unisci i puntini che ti viene fuori il testo...

Ma il meglio, come al solito, lo imparo dai miei figli. Ieri tornano a casa con una bustina rossa con su scritto il loro nome. La apro e trovo un gattino con il cappello rosso di babbo natale e una frasetta di auguri di un compagno (o compagna, non so, dal nome non si capisce). Segue foglio di istruzioni delle maestre (per le povere madri sciagurate come me): cari genitori, sulla porta della classe trovate un foglietto con tutti i nomi dei bambini di quella classe. Se volete (come se fosse facoltativo!), potete comprare dei biglietti d'auguri, scrivere una frasetta e il nome di ogni bambino. La parte della consegna la devo ancora capire: non e' chiaro se devo imbucare nella cassetta delle lettere finta che hanno messo all'ingresso o se devo dare alla maestra.

Quindi ora, armata di foglio con i nomi devo comprare 17 bigliettini + 4 per le maestre (che non glielo vuoi dare a loro? ti curano i figli tutto l'anno!!) e, oddio!!, inventarmi una frase di auguri.
Ma se ci facessimo gli auguri noi genitori quando ci vediamo in corridoio non andrebbe bene uguale?!??
Indicare siti utili da cui scopiazzare frasi in inglese, please!

venerdì 3 dicembre 2010

Il nuovo D

A scuola c'e' un bambino paffuto, tanto biondo che sembra quasi bianco. Ha la faccia rotonda, quasi sempre con le guanciotte belle rosse. Stamattina ho provato a occhiarlo un po' mentre lasciavo i gemelli. e' un macigno di bimbo, tozzo, strutturato; si vede che ha le osse belle grosse e che mangia tanti bei toast con il burro a merenda. Si chiama L e sembra che le maestre si rivolgano a lui solo per dirgli di: stare attento, tranquillo, seduto, fermo, non picchiare gli altri, non prendere il gioco degli altri, ...
Ovviamente e' diventato l'idolo dei miei figli che ogni volta che lo vedono, gli corrono incontro e lo abbracciano. Dodo praticamente scompare dentro quelle braccia da rugbysta; Giorgio se la cava a malapena. A casa ne parlano in continuazione; L di qui, L di la. Oppure imitano le maestre che sgridano L.
Insomma, ha conquistato i loro cuori. Un po' come D l'anno scorso. D e' un bambino che hanno conosciuto al nido a Varese. L'amicizia e' stata favorita dal fatto che tutti e 3 stavano al nido fino alle 6-6.30, fino a quando le due cattivissime mamme lavoratrici andavano finalmente a recuperarli. E dai oggi, e dai domani, D e' diventato un amicone. Per andare via la sera ci volevano 10 minuti buoni di saluti. Si facevano gli scherzi, si davano i morsi, si graffiavano, giocavano insieme. Dal poco che ho visto, credo che D apprezzasse Dodo perche' riusciva sempre a infilarsi nell'ufficio delle maestre, anche se era chiuso a chiave, e a portare fuori i tricicli. Non so come facesse, nemmeno le maestre se lo spiegavano, ma se si distraevano un istante lui, con un sorriso sornione, trotterellava fuori dalla stanza buia con una moto per le mani. Invece, credo che di Giorgio D apprezzasse la pazienza nel fare i puzzle. Stavano delle ore uno di fianco all'altro a incastrare e scastrare i pezzi. Senza mai darsi fastidio. A volte hai bisogno di un amico cazzaro, a volte di uno piu' tranquillo che non ti rompe le balle piu' di tanto. D e' stato una grande risorsa per i gemelli e anche per me.

Mi auguro proprio che questo L diventi il nuovo D. Sarebbe carino, fra due anni, portarsi a casa il ricordo di tutto quello che hanno fatto insieme a L e, magari, riparlarne fra qualche anno ancora quando ci sara' anche un nuovo L...

mercoledì 1 dicembre 2010

L'animale

Accidenti, questa la conosciamo! vedi: http://www.ilpost.it/2010/12/01/piu-neve-per-tutti/
Ogni volta che ci perdiamo tra i campi andando verso Chester o il Wales, proprio quando stiamo per tornare indietro... ecco che compare l'immensa scultura di paglia a forma di... animale. A questo punto sappiamo di essere sulla strada giusta e appagati proseguiamo.

martedì 30 novembre 2010

Elenco (che va tanto di moda!)

Cose che la gente pensa o mi dice quando viene a sapere che mi sono trasferita con due gemelli in UK senza marito:
· Non va d’accordo con suo marito
· Sara’ difficile, ma ce la farai
· Chi si crede di essere?
· Non ce la fara’ mai
· Sei una matta
· E’ una coraggiosa
· Non ce la farai mai a guidare a sinistra
· Egoista, non pensa ai suoi genitori
· La invidio
· Hai fatto benissimo
· Io non ce la farei mai (e non capisco come possa farcela tu)
e... il gran finale: beato suo marito!

domenica 28 novembre 2010

Ghost in the nursery, ovvero: come i geni ti fregano i figli

Giorgio ha i suoi ritmi e i suoi tempi per fare le cose. Se una mattina ho fretta e vorrei che i gemelli si alzassero e si vestissero velocemente, in genere, succede che mi scontro con il suo desiderio di poltrire nel letto fino a che non lo decide lui. E non ci sono santi che tengano: mamma arriva in ritardo. Se gli chiedo di fare una cosa, di solito, non la fa mai subito, ma solo quando ritiene opportuno per lui smettere di fare quello che sta facendo (fosse anche niente), alzarsi e finalmente accontentarmi. A quel punto di solito quello che ho chiesto non serve più o lo ha già fatto suo fratello (e chiaramente a quel punto si arrabbia).
Se cambia qualcosa nella sua routine quotidiana, come tipo andare a vivere dall’altra parte d’Europa, ci mette quel mezzo secolo a riprendersi. D’altra parte è anche molto flessibile: quando pensi che stia per cadere definitivamente, riesce a trovare un appiglio per ritrovare il suo equilibrio.
È capace di concentrarsi talmente tanto su di sé che il mondo attorno a lui può pure andare a rotoli che non se ne accorge. È un insicuro che ha sempre bisogno di sentirsi dire che ce la può fare, che ci può provare, che se non riesce non muore nessuno. È orgoglioso, perché se poi non riesce a fare qualcosa da solo si incazza davvero a morte. Ascolta sempre, assorbe tutto. Dopo una discussione un po’ animata in cui lui era presente, ci abbiamo messo un mese (UN MESE) per convincerlo che tutto andava bene e che poteva addormentarsi da solo la sera. E non eravamo io e suo padre a discutere!
E alla fine una cosa che davvero mi fa impazzire: “Giorgio guarda lì, ci sono le tue calze. Me le prendi? No, Giorgio, non là, ma lì. Giorgio, per favore, guarda dove indica il mio dito. Giorgio, accidenti! Le calze! Come fanno a essere su in alto? Cosa guardi a fare il soffitto? No, amore, Giorgio, le calze non sono sotto il letto. Sono lì; vedi il mio dito? Lascia perdere, le prendo io. Grazie lo stesso”
Giorgio assomiglia a Carlo, a volte è Carlo.

lunedì 22 novembre 2010

Sul "savoia-marchetti" con Supermario

Dopo che Ryanair ha cancellato il volo supereconomico da Bergamo, Flybe mi fa uno scherzetto niente male: fino a marzo il volo di rientro della domenica sera sarà affettuato su un Bombardier tipo questo qui. 
A parte che ogni tanto cascano, e che fare due ore emmezza con un rombo nelle orecchie che sembra di partire per il Vietnam non è il massimo...
almeno si può evitare di incontrare Balotelli che in bresciano ti fa: "figa, speriamo di arrivarci a Milano con st'aereo di merda!"

domenica 14 novembre 2010

Storie di domeniche inglesi

Nonostante il clima novembrino decidiamo di uscire per una passeggiata. Una volta arrivati al laghetto di chille, la cerniera del giaccone di Dodo si rompe definitivamente. La giacca non si chiude più, di bottoni nemmeno l'ombra, mannaggia!
[Parentesi: non sono quel che si dice una madre previdente, piuttosto tendo a lavorare sull'emergenza. La giacca si sta rompendo? Quando non ne potrà più ne compreremo un'altra. Non ci sono più pantaloni per domani mattina? Vabhe, basterà prenderne due paia dal calorifero e metterglieli su. Nessuno si accorgerà che non sono appaiati alla felpa o che non sono stirati (l'unica è mia madre, ma vive a 1500 km da qui). Parentesi chiusa.]
Non sono ancora così tanto sportiva da continuare la passeggiata, io coperta come un pinguino e un figlio accanto che non riesce a respirare dal freddo. Quindi torniamo a casa tra pianti e urla, che loro volevano continuare la passeggiata.
A casa sfodero ago e filo e già vedo le loro facce sconvolte. Cosa diavolo vorrà fare questa qui adesso? Cucio di fretta e furia il giaccone in modo che rimanga chiuso, rivesto il Giorgione che nel frattempo si è spogliato e ripartiamo all'avventura.
Arriviamo al laghetto e Dodo pensa bene di gettarsi nella prima pozzanghera fangosa che vede. Più che una pozzanghera si rivela un buco alla "Fantozzi nel film in cui gioca a calcio". Lascio immaginare lo stato in cui il pargolo era conciato, ma sorridente per essere riuscito a uscirne vivo non sente ragioni e vuole continuare a camminare.
Torniamo a casa e cambiamo i pantaloni, ma a questo punto io mi sono veramente rotta di fare casa-laghetto di chille e quindi spero nella pietà filiale.
I due pidocchi non ne hanno di rimanere in casa, allora mi invento che bisogna raccogliere le foglie secche nel vialetto di ingresso. Forniti di trattori e cami (plurale di camion) usciamo per raccogliere le foglie secche (capirai, potevamo affogarci da quante ce n'erano). Avvistiamo una cacca di cane; chiedo di fare attenzione e di non pestarla. Dopo un minuto netto è sotto la scarpa di entrambi.
Passiamo la restante mezzora prima di pranzo sull'altalena a contare fino a 10 (arrivati a 10 uno scende e l'altro sale, altrimenti sono botte)
Nel pomeriggio, dopo la nanna, maratona di cartoni. ecchecacchio.

lunedì 25 ottobre 2010

Altro che chiave inglese... le chiavi della macchina!

Dunque, sono partito per East Midlands Airport dimenticando a casa (a Keele) la chiave della macchina, parcheggiata all'aeroporto di Bergamo.
Unica soluzione, perdere il volo e ritentare da Manchester, direzione malpensa. Poi navetta malpensa-bergamo, recupero dell'auto e rientro a casa... passata la mezzanotte.Costo totale dello scherzetto circa 300 euro, la metà dell'iPad che mi aveva promesso Gesù bambino.

mercoledì 20 ottobre 2010

Gli occhi della moffetta

Porco mondo, non è che sia proprio facile ripartire qui da solo. Tipo ieri sera, per esempio.
Volevo far la spesa, cioé in realtà dovevo, me lo chiedeva proprio il siemens classe A+ no frost.
Esco un po' prima dall'ufficio e alle sette mi presento al supermercato. Ci vuole il carrello, monetina da un euro, o da due o anche da 500 lire, se le avessi. Nisba.
Mi viene un flashback che neanche a Lost: la monetina, magicamente, ce l'ha sempre mia moglie. Anche una finta di plastica, con la quale scatta sempre in me il massimo pensiero criminale: lasciare il carrello con la finta moneta a un malcapitato, e ritirare da lui una vera moneta da un euro. Ma questo è un altro discorso.
Non ho monete, vado all'accoglienza. Loro non mi cambiano i soldi e non hanno monete di plastica. Forse per sventare i potenziali criminali, vedi sopra. L'unica cosa che posso fare è usare il cambiasoldi, che però accetta solo biglietti da 5 o 10 euro.
Mi devo accontentare del cestino, che equivale sempre a comprare quattro robe pronte, costosissime e che vanno a male in due giorni. Per l'acqua e la carta igenica, sarà per la prossima volta.
E' che quando sei solo e hai più tempo sei più rilassato, meno concentrato sull'obiettivo. Arrivi in ritardo, sbagli strada, e perdi tempo. Altro che gli occhi della tigre, ti vengono quelli della moffetta.

mercoledì 15 settembre 2010

Il processo di adattamento procede...

1. ho i capelli impastati di drizzle che sembrano lavati la settimana scorsa (stamattina, giuro!);
2. mi sta piacendo il the con il latte (che mi ha sempre fatto schifo);
3. quando attraverso la strada, guardo dal lato giusto;
4. quando mi chiedono se mi trovo bene con il mio lavoro o se mi piace il posto in cui vivo, so che le aspettative sulla qualità della mia risposta non vanno oltre il "fine, thanks"
5. ho capito che la burocrazia inglese non è poi così tanto snella: tra poco arriva il contratto. Restano solo un paio di documenti da firmare. Solo vorrebbero proprio sapere che io sono io e che vivo dove dico di vivere e che vivevo dove affermo che vivevo (fino a 5 anni fa). Quindi vorrebbero: il passaporto (che non ho), la carta d'identità (si ma la mia non convince perchè è scritta in italiano), la patente (si, ma una inglese non una italiana), le bollette di qui (non ne ho nemmeno una), il pagamento di una tassa (ancora non sono arrivate), un conto in banca (che non mi aprono fino a che non ho un contratto)... ho tempo fino a lunedì...

lunedì 13 settembre 2010

Un uomo solo allo sbando

Ieri il signore buono e misericordioso mi è apparso e mi ha detto: cazzo mangi da macdonalds?

stavo rientrando a casa, quando mi sono fermato in un centro commerciale per comprare un bagaglio a mano per i suoceri che venerdì vanno in trasferta ostica inglese. Da carpisa, che costa poco.
Caso vuole che a fianco ci sta un macdonald, sono le 7 emmezza.... massì assaggiamoci sto mozzarillo.

Il negozio è nuovo, lo staff giovane e rimbambito e io ovviamente imbrocco la fila peggiore, con la ragazzina incapace e agitata. Ordino, le patatine sono pronte, il panino no. Vada pure a mangiare le patatine calde e torni tra un po' a prendere il panino, assai richiesto da tutti i clienti e perciò costantemente in rottura di stock (vabbè il senso era quello). Capo negozio da licenziare in tronco.
Mi trovo un trespolo per single, mangio due patatine, bevo un sorso di coca e poi torno al banco ad aspettare il mio paninetto.

La ragazza procede servendo i clienti in totale sbattito, perdendo tempo con movimenti scoordinati e asincroni rispetto ai colleghi. E soprattutto senza alzare lo sguardo, cosicché il mio tentativo di incrociare il suo senza tirarle un urlo è praticamente impossibile.
E qui apro una parentesi: solo e soltanto in italia i camerieri e le cameriere (specie se giovani e dipendenti di catene di ristorazione) fanno di tutto per non incrociare lo sguardo dei clienti. In qualsiasi altro paese al contrario tendono a romperti le balle chiedendoti sessanta volte se va tutto bene, se il cibo era buono, se hai già  digerito, se vuoi cagare ho appena pulito il cesso. Ma almeno, se hai finito una birra e ne vuoi un'altra non devi aspettare che ti vengano a portare il caffè¨. Chiusa la parentesi.
Insomma, dopo tre quattro minuti lì impalato ad aspettare che qualche rimbambita mi consegni il mio agognato mozzarillo, mi viene uno scrupolo e mi giro verso il trespolo che avevo scelto per consumare il mio pasto veloce.
Niente: non c'è più niente. Qualche zelante inserviente deficente deve aver pensato: guarda questi varesini fichetti che non sparecchiano come da regolamento internazionale.
Per un istante rimango là, in un limbo tra il panino non consegnato e le patatine e la coca sparite. Non resta che scappare, con le pive nel sacco: il messaggio divino è chiarissimo.

Quando arrivo a casa, la fame se n'è andata. Chiudo la serata con uno joghurt scaduto, ma da poco.

lunedì 6 settembre 2010

Tutti a scuola materna!

Eccoci finalmente alla partenza: scatta il periodo di inserimento alla scuola materna. Maestre nuove, compagni nuovi e... lingua nuova! Ecco, ogni volta che avanzo un dubbio circa la lingua, la possibilità che i bambini non capiscano e non si facciano capire, le maestre fanno spallucce e Lui, come fosse un mantra, ripete che andrà tutto bene. Ma figurati se andrà tutto bene!? E se poi stanno senza bere per un'intera mattina? Si disidrateranno, con il caldo che c'è qui in Inghilterra!! E se poi avessero freddo?? O caldo?? O fame?? O nostalgia della mamma? Come faranno? Eh? Vabhè lo ammetto, sto esagerando ma a volte mi sono sentita un pò come le madri italiane descritte da Tim Parks (Un'educazione italiana).
La verità vera è che ci ho messo quasi sei mesi per decidere se mandare i bambini alla nursery del campus o se aspettare fino a gennaio. Da buona lumbarda ho iscritto i bambini non appena ho saputo che mi sarei trasferita, mica che poi perdiamo il posto! Ma la decisione vera e propria di mandarli è arrivata con il tempo. Del resto anche con il nido è stato così: mi sono decisa piano piano, però poi è stato una volta per tutte. Devo dire che in questo percorso di autoconvincimento (ce la faranno, ce la faranno, ce la faranno, ce la farò), la figura maschile non è intervenuta più di tanto, pazientando e aspettando che le cose si sistemassero da sole (è un pò la sua filosofia).
E adesso finalmente ci siamo. Dopo settimane che parlo con i gemelli spiegando la rava e la fava, questa mattina si va alla scuola materna. Risultato: Edo ha fatto la solita scenata isterica sconvolgendo le serafiche maestre inglesi che stanno iniziando a capire che tipino è. Giorgio, invece, ha apprezzato molto la vasca con l'acqua e il sapone: via la maglietta, su una pettorina di plastica e via a fare travasi. Il tutto ha un che di piagetiano, ma è stato divertente vederlo ridere con la faccia piena di sapone. Ora ha la voce rauca (non ci abbiamo il fisico noi latini), ma almeno lui vuole tornare domani... Edo, invece, è fermo sulle sue posizioni... staremo a vedere
(to be continued)

giovedì 2 settembre 2010

Io arrivo sempre dopo

E' assolutamente un dato di fatto. Quando negli anni '80 si usava la permanente, io la schifavo. Mi sono fatta la permanente dieci anni dopo: sembravo un ufo arrivato da chissà quale pianeta. Quando si usava portare le ballerine, io le detestavo. Quando i negozi straripavano di fuseaux con le ghette o senza (che adesso chiamiamo leggings), io li snobbavo. Ho fatto violenza a me stessa e ho comprato un Barbour (rigorosamente finto) un anno dopo che tutti avevano già riposto il loro nell'armadio, insieme alle altre cose oramai passate di moda. Ora che mi sono quasi abituata ai pantaloni a vita bassa (è una tortura ammettiamolo) tornano di moda i pantaloni a vita alta/altissima - o forse sono già passati di moda, chissà.

L'idea di dare vita a un blog, quindi, si inserisce perfettamente in questo delirio. Oramai ce l'hanno tutti, come non dimostrare il mio cronico ritardo con la storia iniziandone uno mio? D'altra parte con tutte le persone che diventano ricche pubblicando libri ispirati a blog, potevo io tirarmi indietro??
In realtà, più che mio questo blog è nostro. Quindi se mai diventerò ricca mi toccherà pure dividere i guadagni con il mio co-autore.

Io vivo in UK con i nostri gemelli di due anni; lui è rimasto in Italia per lavoro (dice). Abbiamo incrociato le nostre vite circa 10 anni fa (ma per le date lui è molto più bravo di me) e da allora abbiamo fatto di tutto per complicarci le cose. Questo sarà il racconto semiserio di due anni di lontananza, scritto più che altro per calmare la nostalgia reciproca.

mercoledì 1 settembre 2010

The english key

 * I tennici inglesi sono molto americani (o viceversa). L’omino di sky aveva un furgone da playmobil con la scritta “senior engineer” e il giubbotto multitasche pieno di gadgets interessanti.
* La moquette in bagno non è questa grande idea
* Al telefono dall’italia mi chiedono: che tempo fa? Risposta: qui c’è il sole, ma i vicini qua di fianco sono sotto l’acqua. No, aspetta ora è il contrario.
* La birra costa ancora pochissimo e molti locali offrono il 2×1 su tutto il menu. Sarà la crisi.
* Gli inglesi hanno un sacco di figli e al supermercato c’è il carrello biposto gemellare. Son cose che ti cambiano la vita. Per davvero.
* Le domande degli italiani nel 2010: ma si trova tutto? Tutto cosa? Mah, tipo la pasta e la passata di pomodoro?
* La lingua del Galles è proprio strana… al posto della la x scrivono “cs” cosicché sui taxi c’è scritto tacsi, proprio come lo scriverebbe mia mamma. In pratica, è una lingua talmente lontana da noi che fa tutto il giro e diventa quasi vicina. Questa è un po’ difficile mi rendo conto.
* L’unica cosa interessante della lotta tra i due fratelli Miliband per la leadership del partito laburista è il padre dei due, studioso marxista ebreo polacco. Altri argomenti politici caldi: Blair ha scritto un libro per dire che punto uno gli dispiace se sono morti molti ragazzi in Iraq, ma non ci crede nessuno, e punto due (in inghilterra il punto due c’è, e si conta col mignolo e l’anulare) Gordon Brown è un pirla.
* I tennici inglesi effettivamente usano molto la chiave inglese
* Anche nella giuria di X-Factor inglese quest’anno sono in 4, c’è Geri Haliwell che parla parla parla e sta sulle ba*le agli altri
* Rete telefonica con chiamate illimitate in UK la sera e nei w-end? 12 sterline al mese. Per chiamate illimitate in Italia? Aggiungi 5 sterline. Internet a 20 mbs: altre 12 sterline. E’ la concorrenza, baby.
* Io ho fatto tutto con sky, compreso la tv ovviamente. Ma sky sport il calcio italiano manco se lo inc*la. Solo liga, non nel senso del cantante. Il rugby femminile invece è molto erotico.
* I canali tematici sono folli: sono capaci di trasmettere 15 puntate di seguito dello stesso programma. Ma anche lo sport non scherza: i primi 5 giorni c’era inghilterra pakistan di cricket. Sul 382 pari hanno scoperto che i pakistani se l’erano venduta. E per 10 giorni si è passati al golf che noi italiani siamo fortissimi.
* Gli inglesi non si asciugano i capelli in bagno: per legge in bagno non ci possono essere interuttori o prese tranne una a basso voltaggio per il rasoio. Sono molto attenti alla sicurezza… poi hanno il camino a gas con i carboni che ardono e la moquette per terra. Bah.
* Appena arrivati la bimbetta dei vicini ci ha recapitato una lettera di benvenuto tutta piena di fiori e svolazzi e frasi molto gentili. In fondo alla lettera, il vero senso dell’operazione: siccome fino a qualche mese fa noi vivevamo in questa casa, se per caso vi arrivano lettere indirizzate a noi, per favore fatecele avere… ora abitiamo qui vicino al n° 10. Inglese falso e cortese.
* Dopo qualche giorno ci è arrivato l’invito alla festa del nostro quartierino, che si terrà sotto l’enorme quercia davanti a casa nostra. Contenuto dell’invito: Ognuno porta da casa sedie e tavoli da giardino, se ce li ha. Stessa cosa i giochi da esterno dei bambini, sempre se ce li ha. E poi il cibo, ovviamente. Se piove, la festa viene cancellata mezz’ora prima (mandano un sms). Ma se c’è drizzle (la pioggerellina nebulizzata da cui non ti puoi difendere con nessuno strumento, forse solo col burqa) e c’è drizzle, tutti gli anni e tutte le volte, siamo britannici festeggiamo e ce ne battiamo il bel*no.
* “A sinistra si guida meglio con la propria vettura che con una loro con guida a destra. Però il fatto di essere sulla tua macchina ti da un’eccesiva sicurezza e c’è il rischio che ogni tanto sbagli corsia davvero”. Questa è la risposta standard alla seconda domanda degli italiani, subito dopo quella della pasta e del sugo.
* Mio fratello si è dovuto fermare con la macchina e far passar una mandria di cani cavalli e uomini in divisa da caccia alla volpe.
* Stoke on Trent è una vera merda. Se pensate che l’Inghilterra sia quella cupa e post industriale dei film di Ken Loach… bingo. Poi a 2 km c’è Newcastle under lyme, un gioiellino, villazze, giardini, e macchinoni. Solo che non ho ancora capito bene di che campino. Industria ne è rimasta ben poca, per il terziario non è certo londra… boh. Forse c’è la barbabietola da zucchero. Lignite e litantrace? Finiti.
* Abbiamo una vicina preta. Nel senso femminile del prete. Anglicana, ovviamente. Con marito e figlia. Quando va al lavoro è vestita come i nostri (semba pure un uomo in effetti). Poi a casa e nel tempo libero è in borghese.
* Siamo gli unici in tutto il quartiere ad aprire le finestre, sapete, la mattina col sole. Loro niente. Penseranno che le apriamo in quanto italiani, per far uscire la nostra puzza.
* Il contratto dell’energia elettrica è da 14 kW, quanto tutta via delle ville. Bah, vedremo la bolletta…
* Gli inglesi sopra i 20 gradi sclerano, infatti nella nostra veranda c’è un’incredibile ventilatore a pale/ lampadario. Mi immagino che gran caldo possa fare lì sotto.
* La carne inglese è proprio buona, la double cream uno spettacolo e del cheddar, dopo un po’, ne hai pieni i cogl*oni. Delle patatine, idem.
* KFC rimane al top delle catene di cibo spazzatura: rapporto quantità/prezzo mostruoso. Un giorno con un cesto di pollo fritto formato famiglia + cazzi vari e bevande (costo totale 14 sterline) ci abbiamo mangiato in 5 e abbiamo avanzato un sacco de robba.
* Nei supermercati inglesi è quasi impossibile trovare i wurstel. Niente di grave, però strano.
* Ho comprato un divano di seconda mano da una associazione di beneficenza, charity qualcosa. Ai due nerboruti tatuati che me lo hanno portato ho offerto la mancia dicendo: bevete due birre alla mia salute. Risposta: i soldi che lei ha pagato per questo divano servono a far uscire dall’alcolismo molti ragazzi inglesi. Ops.