"che basta un filo di vento
per venirci a guidare
perché siamo naviganti
senza navigare
mai."

venerdì 28 ottobre 2011

C'era un italiano, un inglese e ...

Qualche giorno fa ho partecipato a un incontro per imparare a scrivere grant di successo. Il che significa scrivere richieste di finanziamento per la ricerca che abbiano qualche probabilita' di essere accettate.
Incontro pieno zeppo di giovani ricercatori inglesi che per fare carriera devono vincere soldi.

Ad un certo punto, l'EU Consultant attacca con un discorso interessante davvero. Spiega ai giovani virgulti inglesi, miei compagni di corso, come funziona la competizione a livello europeo e internazionale. Eh si, perché l'EU da qualche anno oramai è una fonte importante di finanziamento per la ricerca, anche per i poveri pezzenti come noi (psico, socio, stori, filo,…) che facciamo una ricerca sfigata senza valore economico immediatamente evidente. E nell'EU ci sta tanta tanta gente davvero... L'esempio è il seguente:

“Immaginate che il grant sia una gara, una competizione sportiva.”
(ci sto dentro, cavolo. Come dico sempre a mio marito, la pallacanestro è una palestra di vita
anche se lui mi fancula e dice che è assurdo ridurre tutto al basket)

“Quando dovete gareggiare, cosa fate? Vi preparate: training, coaching...”
(bene, ci sono, ti seguo)

“Poi, quando siete allenati, pronti a gareggiare cosa fate?
Vi mettete sulla linea di partenza e aspettate il vostro avversario.”
(vai, vai, ci sono. E poi? E poi?)

“Poi arriva un italiano”
(azz. Ecco fatto. Sentiamo l’ennesima barzelletta)

“ Sapete come fanno gli italiani, no?”
(E come fanno... ehm, come facciamo?
Annuisco anche io, vala’ che sembra che ci sto ancora dentro)

“Ti guardano (fa gli occhioni languidi), ti allungano il progetto (nel frattempo piega la schiena a 90) e ti dicono: - eccolo il mio progetto, me lo finanzi? Ti prego me lo finanzi? E’ molto bello, me lo finanzi? Ti prego... -. Poi si mettono vicino a voi (torna in metafora); e voi, da buoni inglesi, cosa fate? Fate un passetto indietro e dite: - Sire, please, after you -. E questo vi ringrazia e si mette anche lui sulla riga di partenza, pronto per la gara"
(meglio, meglio, torniamo in metafora)

“Quando poi scatta il via, sapete cosa fa il vostro avversario italiano? Pensate che vi dica: - Sire, please, after you? - Eh no, si allarga un pò con la gamba (mima il gesto mentre parla), allunga il piede e vi fa lo sgambetto.”
E tutti giu' a ridere.
(azz)