"che basta un filo di vento
per venirci a guidare
perché siamo naviganti
senza navigare
mai."

venerdì 30 marzo 2012

Are you ok, today?

Tu fai tutte le lezioni d'inglese per benino, alle scuole medie, alle superiori, magari anche qualche corso privato, cassette, cd e qualche video.
Poi oltrepassi la manica, ti trovi di fronte la prima cassiera e, tutt'a un tratto dopo il saluto iniziale scatta la formula magica: are you ok, today?
Detto velocemente e con l'accento locale, ovviamente.

Ma il punto non è l'accento; è che ti aspetti un "how are you" o un "how do you do" (formula a cui dicono bisogna rispondere con una formula identica, tipo quando dalle mie parti vai al negozietto di alimentari e a fine spesa la sciura ti dice: altro? E tu devi rispondere perentorio: altro! Che poi significherebbe nient'altro, grazie).
E invece questi ti sbattono lì un "are you ok today", e tu pensi le seguenti cose, in serie:

...oh, mi ha chiesto se sto bene... no, non come stai, no, vuol proprio sapere se sto bene. Evidentemente non mi vede benissimo, si vabbè il viaggio, l'aereo ballava, ma devo proprio avere una brutta cera per chiedermi se va tutto bene...
...e poi che vuol dire "today"? Vuol sapere se va tutto bene oggi? Si certo che va bene, sono appena arrivato, fammi pagare sta bibita e sto giornale che devo andare dai miei... Magari non è convinta dei miei acquisti e mi vuol far capire con un giro di parole che non apprezza il mensile top gear o lo smoothie al gusto mango-marmite...
No, no, lei specifica oggi perché pensa di avermi visto ieri e vuol sapere se finalmente m'è passata, perché ieri, caro mio, eri messo veramente male e allora: oggi come va? Sei a posto oggi? Are you ok today?
Ah, chissà con chi mi ha confuso... io stavo benissimo anche ieri. Certo, oggi 'ste occhiaie non se ne vanno, mi sono svegliato presto, poi al lavoro, poi il viaggio, ora prendo una macchina e corro dai miei...
Io mi fermerei anche a spiegarti tutto ma a te non frega niente, ormai l'ho capito e allora faccio come tutti gli altri, dico "I'm fine", che non serve nemmeno il thanks, vi ho ascoltati voi inglesi, mica lo dite, anzi spesso non rispondete nemmeno. E allora io rispondo dicendo pianissimo "perepèppepe".
Today, e se mi gira pure tomorrow.

martedì 27 marzo 2012

Una bella giornata

Sarà che oggi sono finalmente riuscita a mettere fuori il naso dal mio polveroso ufficio; sarà che finalmente sono riuscita a prendere un pò le distanze da una ricerca che mi sta sfinendo con la sua incredibile lentezza; sarà che ho fatto un bel viaggetto fino a Londra e ho visto il cetriolone della City; sarà che ho scoperto di adorare il marzo inglese, il sole caldo, il cielo terso, neanche un filo di vento; sarà che la campagna inglese oggi sembrava quella dei film, tirata a lucido, le case ordinatissime, le pecore nei prati, ogni filo d'erba al proprio posto; sarà che sentire di essere stata sufficientemente efficace è una bella ricompensa per la fatica che si fa tutti i giorni; sarà che guidare tornando a casa con i Beatles, i Coldplay e Yann Tiersen in sottofondo fa venire alla mente cose che manco ti immaginavi di poter pensare e poi con la campagna inglese, chetelodicoaffà, ci sta da dio; ma soprattutto sarà la Badger First Gold Single English Hop fresca che mi sto scolando...

… sarà quel che sarà, oggi è stata una bella giornata. E domani si vedrà.

Peccato solo che qui non ci sia l'unica persona con la quale varrebbe la pena di condividere tutto questo. Eccetto la birra, ovviamente.

lunedì 5 marzo 2012

Lucio in the sky with diamonds

In questi giorni tutti hanno postato qualcosa in favore o in ricordo di Lucio Dalla. Ecco arrivato il mio turno. Per essere onesti, non è che io mi sia mai molto appassionata alle sue canzoni a parte forse quella sul lupo in cui ballava in modo buffo con le due signore in carne accanto. Il fatto è che ho una nonna cui piace raccontare sempre le stesse storie e questa su Lucio Dalla ha popolato i racconti della mia infanzia e continua tutt’ora ad essere presente, basta dire “nonna, raccontami un po’ quando...” e lei attacca a raccontare...

I nonni avevano un negozio di alimentari nello stesso palazzo in cui vivevano: lato strada il negozio, terzo piano l’appartamento. I nonni sono due pragmatici e anche un po’ calvinisti, direbbe mio marito. Il lavoro prima di tutto. Vivere 3 giri di scale sopra il negozio era comodo. Potevano scendere presto la mattina per aprire, potevano tenere aperto fino a tardi la sera e non c’era il problema di perdere tempo per tornare a casa a mangiare. Ai tempi, il palazzo era vecchiotto e tenuto decisamente male. C'era una scala enorme che saliva agli appartamenti. Ricordo che potevo stare tranquillamente sdraiata su un gradino per il lungo mentre le persone salivano ai piani. L’illuminazione sulle scale era fioca e le ombre erano ovunque. Ogni volta che scendevo o salivo da quelle scale, ricordo che lo facevo di corsa perchè me la facevo addosso dalla paura.

Un paio di giri di scale sotto i nonni viveva una signora che sosteneva di essere una podologa, che c’ho messo anni a capire cosa diavolo facesse per vivere. Questa tizia era un poco particolare, almeno agli occhi della nonna che ci viveva sopra. Musica alta a tutte le ore del giorno e della notte, presenza costante di fumo che sembrava incenso (ma che ne sa la nonna del fumo che sembra incenso...), uomini a ogni ora della notte (altro che podologa, si)... insomma un gran casino.

Beh, insomma, un giorno la tizia incontra mia nonna e le dice che di lì a poco si sarebbe sposata ... con Lucio Dalla!! Io me lo vedo lo scambio tra le due, con la matta che si vanta di aver accalappiato un uomo ricco e famoso e la nonna che, in dialetto lumbard, le fa “cun chi a l’è che la s’ha spusa? ul Lucio Dalla?? Ma va a ciapà i ratt”.

Nonostante l’incredulità della nonna, i preparativi per la cerimonia iniziano. Devo dire che qui il racconto diventa piuttosto confuso per via della tendenza, tipica di mia nonna, a esagerare con i particolari. Si narra di gente venuta a pulire a specchio le scale e gli androni del palazzo. Si racconta dei fiori, delle candele e dei metri di tulle che la tizia si e’ fatta portare per gli addobbi. Si dice dei camioncini pieni di piante per abbellire... insomma, tanto ha fatto che alla fine i nonni ci stavano iniziando a credere e si aspettavano di veder comparire Lucio da un giorno all’altro.

Povera podologa... i giorni passavano, i fiori appassivano e di Lui nemmeno l'ombra! A quanto ne so, nessuno ha mai avuto il coraggio di chiederle cosa fosse successo e lei dopo un po’ ha cambiato casa. Ecco, ogni volta che penso a Lucio Dalla, mi vengono in mente mia nonna e la storia della podologa matta. Ovunque si trovi, spero ovviamente che non stia ancora aspettando il suo Lucio.