"che basta un filo di vento
per venirci a guidare
perché siamo naviganti
senza navigare
mai."

lunedì 28 marzo 2011

Quella volta che a Istanbul era mezzogiorno come qua

Ho passato qualche giorno a Istanbul, per lavoro e per piacere. Descrivere la meraviglia di quell'angolo di mondo è inutile. Andateci, se non lo avete ancora fatto.
Ma una storia surreale voglio raccontarla.
Sabato sera nei paesi europei è scattata l'ora legale, si è dormito un'ora in meno bla bla bla, le solite cose.
In Turchia no. Il governo ha decretato lo slittamento di un giorno, l'ora legale è arrivata tra domenica e lunedì.
Quindi ieri, da noi e a Istanbul c'era il medesimo fuso orario, caso piuttosto raro. 


Ma perché è stato fatto? Perché domenica centinaia di migliaia, forse milioni, di giovani erano alle prese con un passaggio fondamentale della loro vita, l'esame di accesso agli studi universitari, che a quanto ho capito viene fatto simultaneamente in tutto il paese. E dunque il governo non ha voluto togliere un'ora di sonno agli studenti proprio la notte prima di un momento così importante, e ha deciso di rimandare l'ora legale di un giorno.
Strano, assurdo, compassionevole, fate voi. Tant'è.


Effetti collaterali: orario voli aerei.... il caos. Alcune compagnie anticipano di un'ora i voli in partenza, affinché l'arrivo in europa corrisponda con quanto scritto nei tabelloni e sui siti internet delle compagnie stesse e degli aeroporti.
Altre, la mia, mantengono l'orario in partenza e arrivano un'ora dopo il previsto. Con il contorno che potete immaginare, fatto di passeggeri imbambolati come dopo un dribbling di Messi.
Oltre tutto, ci si mettono pure gli smartphone, con la loro regolazione automatica dell'ora, talmente smart da ignorare le bizzarrie del governo turco.
Ma forse ho capito, tutto 'sto casino serviva per segare in partenza due terzi degli studenti, quelli arrivati all'ora sbagliata.

mercoledì 16 marzo 2011

Una storia, un terremoto e una cicogna

Bruner dice che la narrazione e’ un modo che le persone hanno per interpretare e conoscere la propria realta’. Quello che accade viene ricordato e acquista senso se siamo in grado di raccontarcelo e raccontarlo agli altri. Gli eventi acquistano significato e possono essere interpretati quando li infiliamo in una storia con un tessuto narrativo e personaggi. Esattamente come le favole e i racconti per i bambini, o i romanzi per gli adulti.

Accade dal momento in cui si nasce e probabilmente anche da prima. Perche’ qualcuno inizia a raccontare la nostra storia in vece nostra e poi ci consegna quella narrazione in modo che possiamo completarla. La narrazione e’ storia di famiglia che diventa storia di se’. Senza storia di se’ non si vive (non si esiste) e i buchi neri, i vuoti sono sempre riempiti. Quando non si puo’ narrare un pezzo della propria storia quello che si inventa per tappare il buco a volte e’ una favola, a volte un incubo. A volte qualcosa di ancora piu’ complesso. Non per altro, ai bambini abbandonati alla nascita e poi adottati si racconta che sono nati dalla pancia di una signora e dal cuore della mamma. Non per altro, qualcuno, in un periodo particolare della propria vita, scrive dei fatti suoi su un diario o decide di aprire un blog.

Ogni persona e’ un genere, ogni storia ha un suo impianto narrativo che determina e condiziona il significato attribuito agli eventi, guida le scelte, individua priorita’... Non ditemi che non avete mai conosciuto una persona “tragedia”. Chiunque nella vita, prima o poi, incappa in una persona “tragedia”. Una di quelle che vede il lato oscuro in tutto, che non e’ capace di godere delle cose belle perche’ dopo un + viene sempre un –, e quindi tanto vale stare seduto ad aspettare. Una persona “tragedia” non si fida mai troppo degli altri e poco di se’, si fida solo del fatto che il risvolto negativo arriva sempre.


Ognuno e’ un tema, ognuno sviluppa il proprio tema. Come la cicogna scopriremo il tutto (forse) solo alla fine - “Un uomo, che viveva presso uno stagno, una notte fu svegliato da un gran rumore. Uscì allora nel buio e si diresse verso lo stagno ma, nell’oscurità, correndo in su e giù, a destra e a manca, guidato solo dal rumore, cadde e inciampò più volte. Finché trovò una falla sull’argine da cui uscivano acqua e pesci: si mise subito al lavoro per tapparla e, solo quando ebbe finito, se ne tornò a letto. La mattina dopo, affacciandosi alla finestra, vide con sorpresa che le orme dei suoi passi avevano disegnato sul terreno la figura di una cicogna” (K. Blixen, introduzione a “La mia Africa”).


Ogni narrazione ha un copione in parte culturalmente e socialmente canonico in parte trasgressivo. Quello che raccontiamo di noi deve poter essere udibile dalle persone che ci ascoltano. Il racconto di un atto cannibalico va bene se si riferisce a un evento di tre secoli fa, non va piu’ bene se accade oggi dietro casa nostra. D’altra parte se la storia non introduce elementi di novita’ e trasgressione diventa noiosa.


Un terremoto 9 richter, uno tsunami e un rischio nucleare (poco ben spiegato e spesso mal capito) sono eventi sufficientemente ascoltabili e contemporaneamente abbastanza trasgressivi da suscitare il nostro interesse. In questi giorni non ho trovato molti discorsi sensati, costruiti sul visto e sul conosciuto piuttosto che sul sentito dire, tranne per alcune eccezioni tra cui http://pesceriso.wordpress.com, che ora scrive qui http://www.ilpost.it/flavioparisi. Lo stile e’ leggero e delicato, ma profondo. Il dilemma che vive dice qualcosa di importante della sua scelta di vivere a migliaia di chilometri da “casa” e delle differenti sfumature di significato della parola casa. Tirato come un elastico.


Forse sto divagando, forse no. Cicogna.

mercoledì 2 marzo 2011

Facebook, specchio dell'anima de li mort....

Un paio di post fa, qui sotto, mia moglie sbirciava e si rifletteva sui banner di Facebook. Quelli che ognuno può leggere sul fianco destro della pagina del proprio profilo. Non ho resistito.



Ma come ti salta in mente che io voglia verniciare? Da dove lo capisci, caro Mr. Facebook? Dai colori nerazzurri che ogni tanto sbatto nella mia pagina? Io non vernicio un bel niente caro mio, con quel coso poi. Ti sei confuso con mio fratello. Cominciamo male.



E ora che diavolo ti salta in mente?? Non ho tempo di assemblare che? Ciccio, sono uscito dal tunnel di pc-frankenstein che si impiantano o si fanno divorare dai virus. Mai sentito parlare della mela morsicata?

Stavolta forse un "tantino" di ragioni ce l'avresti pure. Solo che appena sotto...



...mi sbatti sta roba. S t r o n z o.






Blinda la supercazzola con CFD, 4x, con scappellamento a destra. E' semplice, negozia petrolio col budello di tu mà, Zuckerberg.





martedì 1 marzo 2011

Live and let live

Osservo da un po’ il posto in cui vivo con i miei occhi da straniera. Vedo colori della pelle diversi, diversi colori dei vestiti, profumi, odori, sapori. Vivo in un paesino in cui l’unica macchina con la guida a sinistra e’ la mia. Eppure e’ facile trovare un gruppo di donne che camminano per strada con il burqa che le copre da testa a piedi.

Ogni mattina quando entro nell’asilo dei miei figli, mi accolgono foto sorridenti di bambini provenienti da ogni parte del mondo e un un elenco di saluti in tutte le lingue. Nel foglio di istruzioni che mi hanno dato all’inizio dell’anno, le maestre hanno spiegato che ci tengono a far capire ai bambini (e ai genitori) che le persone sono diverse e tutte quante sono portatrici di un valore. E’ talmente comune non avere un cognome inglese che impari a fare lo spelling del tuo il secondo giorno. Siamo stati anche in ospedale con Dodo, che un giorno aveva deciso di farsi venire le labbra violacee, accidenti a lui; e’ stato visitato da un pediatra indiano. Indiano cavolo.

In tutti questi mesi, mi sono chiesta spesso se quello che si vede qui sia davvero la rappresentazione di una forma di raggiunta integrazione. Non ci ho capito ancora molto a riguardo. Gli inglesi sanno essere molto cortesi, ma di una cortesia tutta loro. A volte un po’ finta. Ti chiedono come stai e se il tuo lavoro ti soddisfa anche quando stai aprendo un conto in banca. Quindi il dubbio che, in fondo in fondo, sia tutta facciata e che non gli freghi gran che di te, ti viene pure. Pero’ qualcosa ci deve essere se persone diverse riescono a vivere tutto sommato bene insieme. Non e’ che alla base c’e’ un po’ di quella meravigliosa filosofia di vita che ti fa dire: vivi e lascia vivere? Non una grande forma di integrazione dove le persone condividono davvero qualcosa tra loro, ma almeno una forma essenziale di rispetto.

Vivi e lascia vivere. Vorra’ pure dire qualcosa se nessuno cerca di importi un tipico british Christmas day, ma ti puoi godere il tuo personale Winter day in santa pace!