"che basta un filo di vento
per venirci a guidare
perché siamo naviganti
senza navigare
mai."

mercoledì 14 dicembre 2011

Per creare un impero, l'organizzazione è tutto (2)

Eccoci finalmente arrivati al meraviglioso periodo delle cene di Natale con i colleghi. Presente?

Di solito funziona che un volontario masochista decide di perdere tempo e salute, e si espone alla critica altrui organizzando la cena. Si parte con infinito giro di mail per decidere la data, il posto, l'ora... no, il 10 non può tizio; il 12 non riesce caio; il 15 il capo non potrebbe; alle 8 è troppo tardi; alle 7 è troppo presto; aperitivo prima?; niente aperitivo prima; facciamo all'indiano?; niente etnico che mi viene l'acidità; il posto dell'anno scorso va bene; il posto dell'anno scorso fa schifo; …

A meno di non lavorare con 5 persone - tutte nello stesso ufficio -, come minimo, al masochista servono una ventina di mail, una decina di telefonate e un paio di malox per chiudere la prima fase. Quando finalmente giorno/ora/luogo sono stati individuati, c'è da mettere d'accordo le persone sul menù e sul costo dell'intera operazione. Combinazioni di primi e secondi a non finire, opzioni su opzioni, fogli excel per trovare la giusta combinazione... Per non parlare delle lamentele... Peggio che a un matrimonio. Mettici poi che quando meno te lo aspetti c'hai Rudolph che ti sfrega il naso sulla schiena... e vedi che il nostro volontario masochista deve pure darsi una bella mossa.

Vediamo adesso come funziona dalle “mie” parti.

A luglio è stata individuata la persona che responsabilmente ha preso il posto di quella che per due anni di seguito ha organizzato le cene di Natale per il dipartimento (un'ottantina di persone circa).

Ad agosto, la collega invia una mail con doppia votazione: 1) clicca sul link e scegli il giorno che ti piace di più. La collega ti informa che se scegli più giorni la farai felice dal momento che potrà trovare il giorno giusto più agevolmente; 2) già che ci sei, vota anche il ristorante che preferisci tra due proposte, questa o questa ? (indovinate cos'ho scelto; indovinate quale ha vinto).

A settembre, la collega conferma giorno, ora e ristorante. Chiede anche se, per favore, possiamo scegliere il menù con una certa fretta. Non vorrebbe arrivare troppo a ridosso delle festività. Qui, in realtà, il ristoratore inglese (o pseudotale) ti viene incontro. Infatti non esiste locale, ristorante, pub o bettola che non abbia il menù di Natale bello che pronto (da agosto ovviamente). Devi solo scegliere starter, main course e dessert tra 4 proposte. Se sei vegetariano, basta che cerchi la V di fianco ai piatti (ovvio). Costo del menù 24.99. Attenzione però!! Il ristorante ha inviato un pdf con i menù del pranzo e della cena; i costi sono diversi; cari colleghi, fate attenzione. Non sia mai di sbagliarvi.

A ottobre, riposo.

A novembre, la collega chiede un anticipo di 10 pounds (che noi - italiani dico- mica siamo nati ieri). In cambio, manda una mail di conferma del menù e del deposito. A me arriva anche all'indirizzo personale, giusto per essere chiari.

Oggi, arriva la mail di conferma (della conferma, della conferma). Serve a ricordare: quanto devi ancora pagare, il menù che hai scelto, che ci si vede domani alle 8. Tutto sommato, però, una mail pare sprecata per così poco, quindi la collega organizza anche il car sharing e un aperitivo.

Io, sinceramente, proprio non muoio dalla voglia di andare a sta cena, ma tutto sommato non posso perdermi:
1. i vestiti stile Sex and the City delle mie colleghe
2. i Christmas Cracker
3. la risposta di quelli del ristorante quando, uscendo, dirò: "ciao e grazie". L'anno scorso fu: "oooohhhhh, ci sta un'italiana in mezzo a sta manica di stronzi!!! Ciao bbbella!".

lunedì 12 dicembre 2011

Per creare un impero, l'organizzazione è tutto

La prima gita con la scuola, l'ansia della sera prima. La mamma che si sveglia presto, prepara i panini. Quelli che ti soffocano al primo boccone, che il tuo amico invece ce li ha buonissimi, morbidi e saporiti. Ma chissenefrega, si arriva al pullman che è ancora buio, si lancia lo zaino giù nella stiva e poi di corsa a sgomitare per un posto nell'ultima fila...
Ecco ora riaprite gli occhi, e resettate tutti i ricordi: qui si parla della prima gita, ma in Inghilterra.


Almeno una settimana prima l'asilo recapita il regolamento: due pagine fitte di procedure organizzative dettagliatissime. Ci par di capire che il punto fondamentale sia il numero del pullman, voi siete nel pullman 3, che ha un display con scritto pullman 3, e nell'asilo ogni stanza avrà un cartello con scritto il numero del pullman.
Voi, essendo nel pullman 3, andate nella stanza col cartello pullman 3 e attendete istruzioni.
E così via...


Si va a "Thomas Land", perché Pisa e lo zoo di Pistoia sono effettivamente un po' scomodi, partendo dallo Staffordshire. Thomas è quel trenino inquietante di cui parla bene Gianluca qui, famoso in UK quanto il cheddar e il burberry.
Arriviamo all'asilo alle 10, si parte con comodo anche perché essendo dicembre bisognerà pur attendere che le attrazioni si scongelino. Breve parentesi: sul fatto che si organizzino gite all'aperto con 3 gradi di temperatura ormai ci siamo rassegnati. In realtà la mamma italiana ha avuto l'ardore di portare nello zaino le tute da sci, ma non ha avuto il coraggio di farle indossare ai due pupi (anche su mio maldestro suggerimento). Ora i ragazzi tossiscono come camionisti di Stoke on Trent, perfettamente integrati nell'ambiente.


Appena entrati nella stanza col cartello giusto attendiamo il nostro turno, ricevendo diligentemente n°2 sacchetti con le cibarie per i bimbi. Contenuto sacchetto: sandwich al prosciutto o formaggio, sacchettino di patatine Walkers, succo di frutta all'arancia, tortina di sapore dubbio, cioccolato, una mela. 
Non male, certo mia mamma mi dava la torta di riso, ma vabbè.
Dopo aver ricevuto il rancio, ci vengono consegnati gli adesivi per bambini. No, che avete capito: non si tratta degli stickers del trenino Thomas, questi sono cartelli adesivi da applicare alla schiena dei marmocchi, in caso si perdano nel parco dei divertimenti. 
In effetti, non abbiamo udito voci squillanti al megafono: si è perso il bambino Leo... No, qui al massimo mandano un sms al numero indicato sul retro del pargolo (vedi foto). Bah.


Finalmente è il nostro turno, si imbarca il pullman 3... "Sere corri a prendere 4 posti vicini, io mi occupo dello zaino, dai veloce che siamo gli ultimi, uffa che palle sta coda inglese, non si passa avanti."
Arriviamo sul pullman e ovviamente ogni sedile ha la sua bella etichetta, Edo, Adult (Edo), Giorgio, Adult (Giorgio). 
Ci sediamo, Edo si siede sul sedile con l'etichetta Giorgio: la maestra passa per il controllo del controllo, nota la cosa e in quel momento il Regno Unito (o meglio: the United Kingdom of Great Britain and Northen Ireland) decide unilateralmente di lasciare l'Unione Europea. 

mercoledì 9 novembre 2011

Mai dimenticarsi la lezione dei subprime americani... soprattutto se hai la frangetta

Stavo per scrivere un post sul senso della vita e sul peso delle scelte quando Frangetta mi ha riportato alla cruda realtà.
Qui in UK gli acquisti on-line funzionano alla grande. Persino quelle cose che non compreresti mai su un sito, tipo le scarpe, qui van via come il pane. Altra cosa che qui in UK va alla grandissima, sono le carte di credito dei negozi. Noi abbiamo la carta Slunga per i punti, qui hanno le carte di credito personalizzate. La prima volta che me ne hanno offerta una in un negozio, ho chiesto il catalogo dei regali e hanno pensato che fossi pazza.
Metti insieme le due cose e avrai un sito che vende roba e che in più ti offre una carta di credito per pagare i tuoi acquisti. Accoppiata pericolosa.

A questa riflessione pure interessante, devo aggiungere un particolare ancora. L'educazione inglese prevede che tu debba essere educato anche quando stai inculando qualcuno. In pratica funziona così: tu vai sul sito, scegli i vestiti (sempre indossati da modelle fichissime), ti registri ("dicci se sei dr., on., miss., o che altro"), accetti le condizioni di vendita (quasi sempre senza leggerle per davvero) e passi a pagare. Ti raccontano che puoi pagare con un direct debit, con la tua carta di credito/bancomat o con un assegno; ti dicono che sono flessibili e che con loro ti troverai benissimo.
Di fatto ti aprono un conto di credito che ti permette di avere 250 pounds a disposizione ogni mese. Devi solo ridargliene 282.39 il mese successivo. Se poi sei un buon debitore dopo qualche mese ti regalano anche la carta di credito che puoi usare direttamente nei loro negozi. Per avere sconti! Valà che gentili.

Peccato che sia capitato a Frangetta. Peccato che abbia acquistato usando il mio nome e cognome. Peccato che me l'abbia detto solo dopo che sono arrivati a casa i documenti da firmare. Sono un subprime che cammina, statemi lontani.

domenica 6 novembre 2011

Dilatazione volumica dei solidi, senza escursione termica (o legge di Ryan)

Cerco quasi sempre di salire per primo sugli aerei low cost. 
Le tecniche sono arcinote, speedy boarding o priority Q, e poi arrivare primo al gate se non c'è il trasferimento con l'autobus all'aereo. Altrimenti, l'ultimo dei primi (in modo da salire per ultimo sull'autobus e scendere quindi per primo e alla svelta).
Se mi impegno, ci riesco sempre.
Qualche volta punto i sedili centrali, quelli vicini alle uscite di emergenza (c'è più posto per la gambe). Oppure i primissimi, quelli davanti alla crew, ma d'inverno ti becchi l'aria gelida finché non chiudono la porta.
Ma il MIO posto è il primo a sinistra, prima fila lato corridoio, davanti alla parete. Spazio per le gambe a sufficienza, tra i primi a scendere e poco casino in caso di gitanti e famiglie numerose.
Sì, mi tocca sopportare da vicino i tentativi di vendita di biglietti della lotteria, sigarette finte, giornali sgualciti, puzza di improbabile hot food per coraggiosi. Ma cerco di isolarmi, alzando il meno possibile gli occhi dall'iPad.


Appena accomodatomi, aumento il volume corporeo. 
L'obiettivo è raddoppiarlo, ma un più venti, più trenta per cento giuro di raggiungerlo. Sono competenze che si acquisicono con impegno e dedizione, ma ci si riesce. Che credete? Io già parto da un volume piuttosto "importante" ma non basta. Per dissuadere i passeggeri che salgono dopo di me a sedersi al mio fianco, nel posto centrale, devo gonfiarmi. E occupare almeno la metà della poltroncina a fianco.
Io ho bisogno di quella poltroncina. Devo appoggiarci sopra i giornali, l'acqua. Devo accavallare le gambe e buttarle da quella parte. E anche l'avventore seduto vicino al finestrino è d'accordo, lo so.
Ma questi salgono, continuano a salire e a buttare l'occhio lì... mi vedono completamente inclinato verso il sedile centrale (a volte fingo di dormire e russare) e tirano dritto, felici di aver schivato un viaggio potenzialmente terrificante.


Tutto fila liscio fino alla fine, quando arrivano i ritardatari, sudati e ansimanti.
Si tratta in genere di gente totalmente impreparata, loro pensano che per prendere l'aereo bisogna mettersi alla fermata e aspettare l'ora. Ovviamente appena saliti a bordo non ragionano, perdonono la propriocezione.
Se poi la hostess invita a scegliersi il primo posto disponibile, questi vanno nel panico e scatta il gioco della seggiola. E mi ritrovo regolarmente a fianco il signore della foto qui sotto.

venerdì 28 ottobre 2011

C'era un italiano, un inglese e ...

Qualche giorno fa ho partecipato a un incontro per imparare a scrivere grant di successo. Il che significa scrivere richieste di finanziamento per la ricerca che abbiano qualche probabilita' di essere accettate.
Incontro pieno zeppo di giovani ricercatori inglesi che per fare carriera devono vincere soldi.

Ad un certo punto, l'EU Consultant attacca con un discorso interessante davvero. Spiega ai giovani virgulti inglesi, miei compagni di corso, come funziona la competizione a livello europeo e internazionale. Eh si, perché l'EU da qualche anno oramai è una fonte importante di finanziamento per la ricerca, anche per i poveri pezzenti come noi (psico, socio, stori, filo,…) che facciamo una ricerca sfigata senza valore economico immediatamente evidente. E nell'EU ci sta tanta tanta gente davvero... L'esempio è il seguente:

“Immaginate che il grant sia una gara, una competizione sportiva.”
(ci sto dentro, cavolo. Come dico sempre a mio marito, la pallacanestro è una palestra di vita
anche se lui mi fancula e dice che è assurdo ridurre tutto al basket)

“Quando dovete gareggiare, cosa fate? Vi preparate: training, coaching...”
(bene, ci sono, ti seguo)

“Poi, quando siete allenati, pronti a gareggiare cosa fate?
Vi mettete sulla linea di partenza e aspettate il vostro avversario.”
(vai, vai, ci sono. E poi? E poi?)

“Poi arriva un italiano”
(azz. Ecco fatto. Sentiamo l’ennesima barzelletta)

“ Sapete come fanno gli italiani, no?”
(E come fanno... ehm, come facciamo?
Annuisco anche io, vala’ che sembra che ci sto ancora dentro)

“Ti guardano (fa gli occhioni languidi), ti allungano il progetto (nel frattempo piega la schiena a 90) e ti dicono: - eccolo il mio progetto, me lo finanzi? Ti prego me lo finanzi? E’ molto bello, me lo finanzi? Ti prego... -. Poi si mettono vicino a voi (torna in metafora); e voi, da buoni inglesi, cosa fate? Fate un passetto indietro e dite: - Sire, please, after you -. E questo vi ringrazia e si mette anche lui sulla riga di partenza, pronto per la gara"
(meglio, meglio, torniamo in metafora)

“Quando poi scatta il via, sapete cosa fa il vostro avversario italiano? Pensate che vi dica: - Sire, please, after you? - Eh no, si allarga un pò con la gamba (mima il gesto mentre parla), allunga il piede e vi fa lo sgambetto.”
E tutti giu' a ridere.
(azz)

lunedì 12 settembre 2011

è un equivoco, posso spiegare tutto!

Ieri ho preso l'ennesimo aereo per tornare a casa da casa. Ieri era l'11 settembre.
Non voglio parlare della ricorrenza, di quello che ricordo e che significato ha per me. Non sarei originale e m'incazzerei con i complottisti, che almeno ieri hanno taciuto. Quindi passo a raccontare le mie solite facezie, che è meglio.
Dicevo, nonostante una quarantina di voli all'anno, per me che non sono propriamente un appassionato di svolazzamento sopra continenti e oceani, sommare "volo aereo" a "11 settembre" genera un misto di ansia e disagio, comune a tanti altri (facile scoperta).


Il volo di andata, tra indiani preganti e segni della croce dei vicini di posto, è andato abbastanza bene. Il volume delle preghiere indiane aumentava ad ogni piccola turbolenza, ma le bimbe indiane a metà viaggio si sono rotte il turbante di continuare a pregare. Mentre la vecchia ha continuato imperterrita fino a destinazione.
Fortuna che il ryan-aereo fa un casino pazzesco, e le cuffie dell'ipad fanno il resto. Atterraggio con rimbalzino, trombetta pepperepe di ryan che arriva sempre in orario, applauso degli italiani e segni della croce finali.


Prima di imbarcarmi per il ritorno, al controllo bagagli, succede qualcosa di strano.
Davanti a me un'orda di giovani studenti italiani di rientro da qualche vacanza studio ormonale, che, pur rallentando la coda, passano indenni ai controlli. Arriva il mio turno, e l'ipad non passa: viene depositato sotto il rullo, dentro la sua bella vaschetta.
Io mi sporgo, dico all'omino che l'ipad è mio (ho paura che i ragazzotti me lo ciulino, in realtà lo schifano perchè non è 3G...) e scorgo nella vaschetta oltre all'ipad uno strano oggetto cilindrico, lungo due spanne. E' nero ed è leggermente rigonfio nella parte finale. Nell'altra estremità ha appiccicato uno strano aggeggio bianco, sembra di panno.
E qui scatta il film che mi sono fatto: vuoi vedere che una delle adolescenti di cui sopra ha depositato nella MIA vaschetta uno di quei cosi, dai sù avete capito cosa, per far fare a me la figura del secolo, e poi magari dopo richiedermi l'oggetto una volta passato il varco??


In realtà, io sono pazzo (e questo, diciamo, un po' s'immaginava) e quel coso non era altro che uno speciale scanner per verificare che l'ipad non fosse ripieno di esplosivo come un after eight.
Ecco, pur non essendo un amante del volo, pur avendo appreso per la prima volta che un ipad possa eventualmente esplodere in volo, pur salendo sul volo conscio dei controlli extra effettuati in questa giornata speciale, ho affrontato il mio volo dell'11 settembre sereno come Drupi.
La serenità di quello che, davanti a un centinaio di persone, ha evitato di essere così apostrofato da uno zelante addetto alla sicurezza inglese:
"mi scusi Sir, il suo finto belino!".

sabato 3 settembre 2011

Ruota, palma, ciuccio... quale vuoi?

Gli inglesi sanno proprio come divertirsi e in questo, purtroppo, sta parte del problema, come sostengono le banche inglesi che hanno bacchettato le manine sporche di marmellata di alcuni loro clienti.

La notizia è di qualche giorno fa: una società inglese (la UK Asset Resolution) si è messa a telefonare alle famiglie in difficoltà con le rate del mutuo per ricordare loro che sarebbe meglio pagarlo sto mutuo, invece che giocare al video poker, andare in vacanza ai tropici o bersi lo stipendio al pub il primo del mese. Leggevo queste notizie quà e là su internette e mi è venuto in mente un simpatico giochino che un pò di tempo fa ho trovato sul sito della mia banca. Quando lo avevo visto non mi era parso avesse una qualche utilità. Dopo la storia delle telefonate, il senso è molto più chiaro.

Savings goal, si chiama. Ogni volta che entro nel mio account, lui è lì ad aspettarmi. Mi chiama per nome, mi saluta e ha un'interfaccia molto gradevole. Già questo mi stupisce e mi mette sul chi va là: quando navigo sul sito della mia banca italiana, sono abituata ai paroloni difficili che non capisco mai, ai grafici tipo excel con la righettina che va su e poi scende, scende, scende a precipizio. Questo invece è chiaramente comprensibile anche per chi ha fatto lo scientifico e si è dimenticata tutto il giorno dopo.

Funziona che tu scegli il tuo obiettivo. Vuoi andare in vacanza? Clicca sull'icona con le palme e il mare. Vuoi una macchina nuova? Clicca sull'icona a forma di ruota. Vuoi un altro figlio? Clicca sul ciuccio. E via così. Dopo che hai scelto il goal devi dare indicazioni sul saving, ossia: la quantità di soldi che vuoi mettere via, la data di fine del tuo periodo di saving, la quantità di denaro che ogni mese vuoi mettere da parte.

Bom, poi clicchi su invia e.... il mega calcolatore cervellone che ti sei comprato in saldo da Mediaworld fa una complicatissima divisione tra i soldi che vuoi in saccoccia alla fine del periodo e il numero di mesi che ti separano dalla fine del tuo saving period. Se sei così rimbecillito da aver inserito un saving mensile inferiore (o superiore) a quello che ti serve per arrivare alla fine del periodo con il tuo gruzzolo in mano, il portentoso pc (mac nel mio caso) ti dice anche quando metteresti via se decidessi di fare di testa tua e quanto invece metteresti via se sapessi calcolare correttamente le divisioni (come il portentoso sa fare).

Stop. Finito. Non paghi una sterlina per il servizio, non ricevi un centesimo di interesse, non sei obbligato a portare a termine il saving period. In pratica, salta fuori che... dunque... funziona che... SE HAI UN LAVORO (ovvio! altrimenti...) E SEI COSì RIMBECILLITO DA NON RIUSCIRE A METTERE DA PARTE I SOLDI PER FARE UNA VACANZA (perchè li spendi al video poker o da Debenham!), ALLORA VIENI, METTI LA MANINA SUL MUOSE CHE TI FACCIO VEDERE COME FARE. CLICCA QUI, SCEGLI L'ICONA CHE TI PIACE DI PIù, VEDI CHE è ANCHE DIVERTENTE? DAI COSA ASPETTI? SCEGLI TRA LA RUOTA, IL CIUCCIO E LA PALMA... QUALE VUOI?

mercoledì 31 agosto 2011

Lost in parchescion

L'agosto inglese è stato piuttosto movimentato: strani individui incapucciati si sono riforniti di tv al plasma e telefonini dell'ultima generazione in modo quantomeno inusuale. Noi siamo arrivati qualche giorno dopo, unfortunately non abbiamo nemmeno un navigatore da rivendere.


In realtà la nostra Inghilterra è un pochino differente.
Durante una gitarella nello Staffordshire (leggi bene, staff, ok... poi faaad, no ford: faad... poi shier, sciaar, sciir, no sciair, scheer.. staffadsciii', staff, mavaff....), si insomma, arriviamo a Shrewsbury, di cui tralascerei le indicazioni sulla pronuncia, parcheggiamo le macchine e paghiamo la sosta nella macchinetta apposita.
Dopo esserci allontanati, mio fratello si rende conto di aver perso il blackberry; ricostruendo i minuti precedenti si ricorda di averlo appoggiato sulla macchinetta. Torna di corsa al parcheggio ma il telefono è sparito.
In quel lasso di tempo almeno una decina di persone si saranno avvicinate al telefonino... questi spaccano le vetrine per prenderli, figuriamoci se non se lo sono ciulati...  
Finiamo il giretto, torniamo al parcheggio e, incastrato nella maniglia del passeggero della nostra macchina, troviamo il blackberry nella sua custodia in similpelle e dentro un fogliettino scritto in bella calligrafia: probably must be yours.
Il lord o la lady ha visto il telefono, ha letto vodafone IT, ha trovato nel parcheggio un'auto con targa italiana e ha pensato bene di ficcarlo dietro la maniglia della porta. Sbagliata.
Se vuoi essere certa che l'autista lo trovi, devi incastrarlo nell'altro lato. Abbiamo il volante a sinistra, noi.


Dì la verità, caro il mio gentleman, ti sei messo la coscienza a posto, hai fatto la tua buona azione e poi ti sei allontanato pensando a questo piccolo italiano che fa volare il telefono sfrecciando a 70 miglia nella tua fottuta campagna inglese. 
Ora provo a lasciare il mio su una macchinetta in Corso Buenos Aires...





martedì 30 agosto 2011

il fatidico giro di boa (ah, e i miei post sono in nero adesso)

Un anno è trascorso e il successivo è appena iniziato.

Siamo di nuovo in ballo, io, i gemelli e la au pair**. Già, che pure lei tra poco ci lascia. E ne arriva un'altra. Spagnola sto giro. E speriamo bene, che l'ultima volta Giorgio ha smesso di fare la cacca per un mese perchè gli ho cambiato la nanny. Però al di là di tutto, quella della ragazza alla pari è stata un'esperienza positiva, almeno fino ad ora. Lo dico con una certa dose di sorpresa perchè non pensavo di essere persona adatta a ospitare un estraneo in casa per tanto tempo.


Io ho usato il sito www.aupair-world.net. Ce ne sono molti altri, ma questo è il più snello che abbia trovato ed è risultato molto affidabile. Inserisci il tuo profilo, descrivi la famiglia, fornisci alcune info generali, condisci con qualche particolare che attiri l'attenzione, metti una foto decente della tua famiglia (magari non presa proprio da vicino, che non si sa mai). In più, imposti dei criteri di scelta dell'au pair: genere (i maschietti sono pochi e fanno anche un pò sorridere, ma ci sono); fascia d'età; periodo di permanenza richiesto e mese di arrivo; provenienza geografica dell'au pair; lingua parlata e livello.


Tutto fatto. A questo punto, il sito va automaticamente a cercare le ragazze che hanno inserito il loro profilo e si combinano con le caratteristiche che hai inserito tu. Se trovi qualcuno che ti piace, puoi mandare un messaggio in cui esprimi la tua preferenza. La ragazza può decidere di: rispondere che anche a lei piaci; rispondere che a lei non piaci; non rispondere affatto (molte ragazze si iscrivono senza convinzione, poi semplicemente ignorano i messaggi. oppure si sono sistemate in una famiglia e si sono dimenticate di cancellare il profilo che rimane attivo per un pò).


Se la ragazza risponde che le piaci, per conoscere le sue info personali bisogna iscriversi al sito e versare una quota. Il sito che ho usato io chiede 39 euro per 60 giorni di consultazione, che non sono poi tanti soldi. Altri chiedono fino a 80-90 euro. Un'agenzia specializzata può arrivare a chiederne anche 500 per mandarti una ragazza per 6 mesi (se ti serve per un anno paghi di più; non ho capito bene il perchè, ma tant'è) e devi anticipare dei soldi prima di vedere il profilo della ragazza. In pratica paghi sulla fiducia. Di sti tempi... tzè.


Io, dopo le prime 5 mail scritte tutte punto e a capo ... da impazzire..., ho preparato una mail standard in italiano (all'inizio cercavo ragazze italiane) e in inglese e ho girato quella a tutte con piccole varianti a seconda di quello che trovavo sul singolo profilo. Descrizione della mia famiglia, descrizione dei compiti della au pair, periodo di inizio ben specificato, pocket money, elenco di domande per la au pair e richiesta di referenze. Dici, referenze?? Eccerto. Mica li dò in mano alla prima che passa i miei figli.

A questo punto serve un bel foglio A4 (o un foglio excel per i fissati) in cui segnare nome e cognome di chi risponde alla mail con le caratteristiche principali, perchè è assolutamente certo che alla 15° mail inviata e alla 4° risposta ricevuta non ci capisci più niente.


Il profilo ispira, le risposte alle domande sono sensate, le referenze ci sono... bene, si fa una skyppata? Rigorosamente in wecam che ti voglio vedere in faccia figlia mia, o quanto meno sentire la voce. Diffidare fortemente di chi non si fa nemmeno sentire. Prepararsi qualche domandina da fare a voce, in modo da condire la conversazione e sentire che ragionamenti fa. Ad esempio: mi dici quali attività pensi di fare con i bambini? come pensi di trascorrere il tuo tempo libero? hai mai vissuto situazioni di emergenza in cui erano coinvolti dei bambini? sei vegana/vegetariana? (eccheccacchio, la mucca che ho sul retro a chi la faccio mangiare??). Segue altro breve scambio di mail, poi si chiede tempo per pensare, si stila una classifica delle ragazze lette/viste e si decide.


Io avevo pure preparato una specie di contrattino in cui mettevo per iscritto tutto quello che ci si era detti per mail o a voce, soprattutto i particolari sulla sistemazione e il pocket money (interessante per la ragazza) e la parte sui doveri e i compiti richiesti (interessante per me). In realtà non l'ho mai fatto firmare, ci siamo accordate sulla fiducia e tutto è filato liscio. Però si può fare; anzi in rete ora si trovano anche dei modelli prestampati in cui inserire solo i propri dati. In ogni caso, il tutto funziona se si hanno le idee abbastanza chiare e se le si comunica in modo sufficientemente chiaro alla ragazza. Poi una grattata del solito buon culo non guasta mai.


Delle mirabolanti aspettative delle au pair inglesi, delle altrettanto mirabolanti richieste delle famiglie inglesi e del mitico Paul Holmes (anche se ora non si chiamerà più così), dirò in un altro post.


** La au pair riceve vitto, alloggio e un pocket money che varia da paese a paese. In UK, a seconda delle ore di lavoro, possono prendere dalle 50 alle 90 sterline la settimana. Devono lavorare al massimo 5 ore al giorno e devono fare dei piccoli lavori domestici (niente di troppo faticoso). Il tutto deve essere concordato. Hanno sabato e domenica liberi, come anche delle mezze giornate in settimana in cui possono frequentare corsi di lingua.

lunedì 22 agosto 2011

Un anno fa a quest’ora...


Domenica di agosto, sole caldo a Varese, ma stranamente niente afa. Andiamo in aereoporto con i nonni che scoppiano a piangere quando vedono i nipoti allontanarsi. Scena straziante (mamma cattiva, che cavolo stai facendo??).
Stranamente non riesco a ricordare com’era il tempo a Keele. Sole, nuvole, pioggia... bho’. Ricordo la casa che a confronto di quella di Varese mi sembrava enorme, gli odori diversi, le stanze freschine. I bimbi che trovano la veranda con i loro giochi italiani, sottratti nottetempo senza che se ne fossero accorti. Tutto strano. Bello eh, ma quando torniamo dai nonni? Quando finisce sta roba qui?

Adesso guardali, tutti e 3 sul divano spaparanzati a guardare la televisione. Questo e’ il momento piu’ bello e tranquillo della giornata. Giorgio si fa accarezzare da suo padre come un agnellino, Edo riesce finalmente a stare fermo per 10 minuti di seguito. Le luci sono soffuse, nessuno fiata, tutti sono tranquilli.

E sul divano c’e’ anche un posto che avanza. Chi lo avrebbe mai detto.



mercoledì 27 luglio 2011

Quando anche io andavo ai camp

Questa sera abbiamo fatto una passeggiata dopo cena. La temperatura era particolarmente piacevole e il profumo dei fiori e dell'erba invitava a rotolarsi nel prato. In più, in questi giorni il campus ospita dei tornei di calcio. Prima sono arrivati gli adulti, ma si sono fermati poco. Poi sono arrivati i ragazzi e le ragazze. Avranno dai 12 ai 15-16 anni. Il campus si è rianimato, è pieno di gruppetti giudiziosamente divisi per colore che camminano, giocano, si tirano il pallone. I gemelli sono incantati. Oggi pomeriggio siamo andati a guardare un pezzo di una partita allo sport center. Tutte robe nuove: arbitri, tifosi che applaudono (mentre fanno un pic-nic, ovvio), i ragazzi che giocano ordinatamente, i coach che gridano a bordo campo (ma con fair play signori, siamo in Inghilterra), borsoni colorati, lingue da tutto il mondo...
Stasera invece era un mega vortice ormonale. Sono tutti in giro, in borghese ovviamente. Capelli ingellati e maglie casual i ragazzini; capelli lunghi sciolti, short e top le ragazzine. La discoteca dell'Università ha aperto apposta per loro. Li guardo e riesco a immaginare perfettamente cosa stanno vivendo...

Confezioni di Prep che volano nella notte, "tutti sulla piccola Sbarra", qualcuno che parla nel sonno, il pulmino da dividere con i toscani che smanacciano mica male, le partite, il divertimento allo stato puro, l'assoluta assenza di nostalgia di casa perchè la famiglia ce l'hai già con te. C'è sempre qualcuno disposto a infilarti un biscotto in bocca mentre stai dormendo o a riempire di schiuma il letto di chi si lava poco. Qualcuno si trova il fidanzato, perchè per fortuna la maggior parte delle volte è misto, altrimenti che cavolo di divertimento c'è?! In un posto ti capita di mangiare cavoli color puffo, in un altro burro fatto in casa, in un altro ancora la piadina.

Che bei tempi quando della medaglia in fondo non interessava a nessuno, c'era solo pane e palla a spicchi e di tutto il resto chissenefrega.

mercoledì 20 luglio 2011

A rotoli

Avvertenza: il seguente post purtroppo non è frutto di una botta di caldo estiva, giacché a Varese stamattina avevamo 12 gradi.


Ora voi ditemi a cosa serve quel rotolino di cartone.
Quello lí, quello che quando hai finito la carta igenica rimane imperterrito avvinghiato attorno al tubo, appunto, porta rotolo.
A me non me ne frega niente che ti faccia comodo arrotolare la carta attorno a quel coso, caro signor scottex. Io non lo voglio, a me non serve. Lasciami un buco in mezzo, e ci penso io a infilarlo nel tubo del porta rotolo. Che poi, razza di fetente, mi fai pure i rotoli salvaspazio schiacciati, e mi costringi a ridare una forma simil tonda a quel coso, per riuscire a metterlo al suo posto. 
(Che poi io non so nemmeno se il rotolo vada messo con la carta che scorre verso il muro o viceversa, ma è un altro discorso, che devo risolvere non con te ma con mia moglie).
Dicevamo, milioni di foreste distrutte per produrre un cilindro cavo che viene schiacciato, poi devi rimettere "in forma", poi lo rischiacci per buttarlo via e non lo puoi usare per nulla. Prova a prenderci appunti sopra, impossibile. Al massimo ne prendi due, li appiccichi e fai un finto cannocchiale, ma a 4 anni smetti e passi alle droghe pesanti. Al massimo.
Insomma 'sti cosi rimangono lí a sfidarti sul porta rotolo, lo sanno che per infilare la nuova carta igenica li devi inevitabilmente togliere.
Ah, ma la soglia della mia finestra ne sopporta anche un centinaio, che credono. Pensano che io li metta nella differenziata uno a uno? Se sono rotoli veri, che ci rotolino da soli nel secchio.

domenica 17 luglio 2011

Pink 'N' Whites-ma con pochi grassi

Ieri gita al Safari Park a Liverpool. Questa volta a rimorchio avevamo anche il capo e la fidanzata. Bambini eccitatissimi, io mi sarei fatta tagliare una gamba. Tempo: inglese al quadrato.
Partiamo con due macchine, che poi dopo deve lasciare sweet hearth a casa sua a Liverpool. Sta lui davanti che conosce la strada. Andiamo a prendere la M6 a Crewe. Cacchio cominciamo male, a Crewe? E passare per Stoke no? Il viaggio due un'ora e quaranta rispetto all'ora che ci si mette di solito. In autostrada ci hanno superato anche i convogli speciali; un'anziana signora con gli occhialoni sul sidecar ci ha fatto il dito medio mentre ci passava ai 70. Dopo il bivio per l'aereoporto di Manchester, davanti a noi si sono infilate due macchine d'epoca. A quel punto la velocità di crocera è scesa sotto i 70 e un sonno spaventoso ha preoccupantemente preso piede in noi.
Arrivati, decidiamo di fare il safari con la macchina del capo. Capo e sweet hearth davanti, io e i bambini dietro. I bambini mai così scazzati di dover continuamente guardare le bestie. Che quando li porto da sola, sono tutti entusiasti, sti fetenti. Io che devo fare finta che loro si divertano, senza far capire al capo e a sweet hearth che in realtà vorrebbero scendere da sta cavolo di macchina e camminare (dopo un ora e quaranta di viaggio!!).
A un certo punto, Sweet hearth ci offre uno strano prodotto locale: due sottili strati di wafer con uno stratone bianco e rosa di murshmallow in mezzo; quest'ultimo molto più morbido delle caramelle murshmallow, ma molto meno del murshmallow fluff. Una via di mezzo come appiccicume, per intenderci. Ovviamente Giorgio ha schifato il dentro e si è mangiato solo il wafer, praticamente insapore; Edo ha finito tutti i suoi pezzi e si è spiaccicato per bene addosso anche i pezzi scartati da suo fratello. Nel mezzo di questo tormento zuccheroso, Edo ha chiamato il capo una cinquantina di volte, all'italiana ovviamente: con toccatina di mano sulla spalla, mano doverosamente impiastrata. Dopo il divertente safari, tra un miliardo di animali tutti uguali (renne, caprioli, sal diavolo con le corna), finalmente scendiamo e arriviamo al parco dei divertimenti. Eh certo, ogni attrazione inglese che si rispetti ha la parte educativa (sti belin di animali) e la parte ludica. In questo caso un luna park in pianta stabile. But not suitable under 6. Esticazzi. Mo cosa gli racconto? Vabhè, andiamo a vedere uno spettacolino con le foche ammaestrate, almeno quello è per tutti. Ci sediamo, ma dobbiamo aspettare 10 minuti. Io inizio a tremare perchè so che Edo 10 minuti seduto non ci sta. E infatti. Nonostante i divieti si arrampica e riesce a cadere dalle gradinate mentre il capo cerca di tenerlo, finendo tra i suoi piedi e picchiando la testa. Sulla testa del capo vedo comparire qualche capello bianco in più, poi sgrana gli occhi e mi guarda terrorizzato. Tranquillo, non ti faccio causa; ha la testa dura. Dopo lo spettacolino, nelle teste malate del capo e di sweet hearth si paventa l'idea di guardare, sotto la pioggia, lo spettacolino del tizio che ammaestra i falchi. Esticazzi. Stavolta dico no, grazie, passiamo oltre. Allora via, altro giro tra gli animali del safari. Stavolta le belve però sono dentro la macchina: non riescono a stare più fermi, degli animali non gli frega più una beneamata e non c'è nemmeno il murshmallow a drogare i cervelli. Il giro viene quindi abbreviato di netto e, finalmente, ci ritroviamo davanti alla mia macchina. I gemelli e tutta la loro roba viene pesantemente scaraventata dentro, mica che a sti due venga in mente un'altra minchiata da fare, e in tutta fretta, ma con gran sorrisi e salamelecchi, si torna a C A S A!

martedì 28 giugno 2011

The place is where we go (1)

Mi sono sentita a casa in tanti posti diversi in questi anni. In alcuni ci siamo stati per davvero, altri li abbiamo solo pensati.

Per prima c’e’ stata la Germania: Waldbronn e Fischerhauser. Waldbronn e’ un villaggio minuscolo nella foresta nera. Citta’ piu’ vicina Karlsruhe. Io piu’ che altro andavo e venivo; Carlo aveva un appartamento nello scantinato di una villa stile “The Sims”, casa della mitica frau Martin: camerona con finestra che dava sul giardino nel retro e cucina a vista. La frau era davvero “simpatica”, aveva solo delle piccole manie tipo controllare la quantita’ di spazzatura che buttavamo nel bidone. Pagava al consumo e non voleva che esagerassimo.
La meta’ degli elettrodomestici non funzionava o puzzava di muffa e il mood era talmente cupo che una notte ho avuto un incubo pazzesco con annesso attacco di panico. Ammetto che ci ho messo del mio. Leggere Il tunnel della liberta’ in uno scantinato uscito diretto dalla DDR... il tutto suonava gia’ di tragedia. Pero’ ci siamo anche divertiti un mondo. A Waldbronn ho ricevuto il mio primo mazzo di girasoli; ho scoperto perche’ i divani pesanti quintali non devono essere mai smontati; ho imparato come si fa a far smettere di russare qualcuno. Ma il tocco da maestro e’ stato comprare la griglia elettrica e cuocere il pesce nel corridoio d’ingresso. Ovviamente per vendicarsi con la frau della spazzatura.
A Karlsruhe c’era Sudstadt, vale a dire il quartiere poco raccomandabile dove pero’ trovavi interessanti pezzi d’antiquariato per le strade, la sera, dopo una certa ora. Pero’ vicino c’era anche Heidelberg. Bellissima.

Poi c’e’ stato Fischerhauser a nord di Monaco. Un’altra Germania, completamente diversa. Ci siamo arrivati facendo gli 80 su una Golf piena zeppa di roba. Ci hanno accolto la piscina gonfiabile del vicino insieme alle renne e ai folletti di Natale (medesimo vicino). Qui abbiamo imparato come si fa a entrare in macchina quando tutte le serrature sono ghiacciare (mitica “spada de foco”!!) e che i meccanici credono sempre che le donne facciano gasolio invece della benzina. Qui c’era il freddo, quello porco che niente poteva toglierti di dosso. Forse solo il Gluehwein, ma per poco.
Ho scoperto Wal-Mart, il Fluff murshmallow, il bello (bello, bello, bello) di vivere in due lontano da tutti e che i turchi si spacciano per italiani (ma mi sa che hanno smesso). A Monaco si mangia bene qualsiasi cosa... spagnolo, ungherese, messicano, cubano, .... basta non andare in un ristorante italiano, soprattutto se ha la bandiera italiana alla porta (sono turchi... vedi sopra). I pregiudizi sui tedeschi sono tutti abbastanza veri, ma ci si fa il callo in fretta. Ci sono dei negozi favolosi che ti vendono il pane del giorno prima a un prezzo stracciatissimo e i palazzi hanno quasi tutti la lavatrice a gettoni nello scantinato. Un giorno per strada un tizio mi ha inseguita con la macchina per qualche chilometro. Suonava, faceva gesti... stavo quasi girando verso l’ufficio di Carlo quando dallo specchietto ho visto che avevo lasciato il tappo della benzina aperto, appoggiato in bilico sul come cavolo si chiama. Pero’ avevo fatto benzina; non gasolio (quasi sicura).

A Waldbronn siamo tornati per il primo anniversario di matrimonio. Un po’, cosi’ per ridere, ci siamo chiesti dove ci sarebbe piaciuto essere e la mattina dopo passeggiavamo di fronte alla casa della frau Martin. C’era ancora la rana di terracotta con l’occhietto vitreo che ci controllava ogni volta che scendevamo nello scantinato. E c'era anche Vogel Hausbrau a Ettlingen...
E a Monaco... bhe’ ogni volta che al marito sembra mancare l’aria, la macchina inizia magicamente a puntare verso nord-est come l'ago impazzito di una bussola.

domenica 26 giugno 2011

Locked as one

Abbiamo fatto una bellissima settimana di vacanze al mare, in un posto meraviglioso. Poi oggi loro sono tornati a Keele, e io ascolto questa canzone (dove manca solo una s per fare il plurale):






Father, son
Locked as one
In this empty room
Spine against spine
Yours against mine
Till the warmth comes through


Remember the breakwaters down by the waves
I first found my courage
Knowing daddy could save
I could hold back the tide
With my dad by my side


Dogs, plows and bows
We move through each pose
Struggling in our seperate ways
Mantras and hymns
Unfolding limbs
Looking for release through the pain


And the yogi's eyes are open
Looking up above
He too is dreaming of his daddy's love
With his dad by his side
Got his dad by his side


Can you recall
How you took me to school
We couldn't talk much at all
It's been so many years
And now these tears
Guess I'm still a child


Out on the moors
We take a pause
See how far we have come
You're moving quite slow
How far can we go
Father and son


With my dad by my side
With my dad by my side
Got my dad by my side
With me

lunedì 6 giugno 2011

Viene il bello

Lo scorso weekend inglese è stato pieno di sole. E anche molto mare, nella gitarella sull'oceano di sabato.
Blackpool è una località balneare molto curiosa, se vista con l'occhio del ligure emigrato in lombardia. 
Spiaggiona, passegiatona, pontiloni, ubriaconi. Giusto per sintetizzare.
Una riminidelnord piena ma proprio piena di cose, oppure detto da italiano con la puzza sotto il naso: un enorme tentativo di farti dimenticare che il mare è un'altra cosa.
Ma anche un meraviglioso spaccato sociale, la working class inglese che si prende un giorno di relax e libertà, tra montagne russe, gelato italiano e birra, molta birra, inglese.
E una popolazione di spiaggianti variopinta almeno quanto la copertina di Sgt. Pepper, tra bikini, turbanti, veli e niqab.


Ma non è di questo che volevo parlare.
Succede che i nostri due puponi ormai parlano inglese, a loro modo, mescolato al gemellese incomprensibile, con l'accento delle midlands, ma lo parlano.
E quindi ti correggono, gli stronzetti. 
L'altro giorno ci hanno fatto diventare scemi per la pronuncia di "Bob the Builder", che pare non si dica bobdebilder ma, sostengono i due rospetti, qualcosa tipo bob the beuda, beulda, beoulda(r). Ma che ne sò.
Ma l'aspetto più tricky (tiè) della faccenda è che questi due l'inglese lo capiscono davvero.
Provate ad immaginare: siete in auto, avete messo il vostro cd con le canzoncine preferite, un mix che va da I Ribelli ai Chemical Brothers, e nei sedili posteriori sono seduti due mostri che capiscono tutto ciò che ascoltano. Anche quelle canzoni che tu hai mandato a mente a dieci anni, e hai voglia a studiare l'inglese, le canterai sempre farfugliando parole inesistenti..... sci don lai, sci don lai.... cochein!
Cazzo, Cocaine, di Eric Clapton..... manda avanti il CD!!!!
Ho idea che il bello inizi ora.

domenica 22 maggio 2011

Una questione di cacca - madre allo sbaraglio(1)

Eh, ma se non lo sai tu che sei psicologa!

Di solito inizia così una frase che mi fa incazzare. Soprattutto quando si riferisce ai miei figli. Mica mi hanno dato un diploma di “allevatrice di figli senza problemi” quando ho preso la laurea! Che quando me li hanno dati dopo il parto non ero nemmeno certa di volerli davvero. Non è che si può cambiare idea? Non sono più tanto sicura di volerli portare a casa. Come li maneggio sti due? Edo, due chili e 500 di bambino sempre arrotolato su se stesso, che per cambiarlo ci volevano due mollette per tenergli ferme braccia e gambe, e Giorgio sempre incazzato nero, sbuffava e ringhiava già in seconda settimana.

La frase, quindi, mi fa incavolare eccome. Tra l'altro, la questione in ballo puzza! Si dà il caso che Giorgio abbia deciso che non vuole fare la cacca e con una coerenza cha fa rabbrividire, semplicemente non la fa. Non la fa a scuola, non la fa a casa, non gli piace il patello, odia il vasino. Non ci sono santi. Tra l'altro, questa storia mi ha anche dato l'occasione di capire un pò meglio come funziona sto benedetto sistema sanitario nazionale inglese. Che detto da una che si suppone stia facendo una ricerca all'interno del NHS è davvero tutto dire. Ma questa è un'altra storia.

Ora, abbiamo provato con il lattulosio, la stimolazione, le supposte di glicerina, le perette (erano anni che non ne vedevo una). Adesso siamo passati alle bustine, e con le bustine mi sta facendo diventare matta. Se gli dico che metto la bustina nel succo, lui non beve il succo. Se metto la bustina nell'acqua e non gli dico che l'ho messa, lui smette completamente di bere. E la bustina è completamente inodore e insapore e, una volta che è sciolta, non colora l'acqua.

Quindi ho deciso di cambiare strategia e di usare un'arma psicologia finissima, nota già nel secolo scorso dai più fini pedagoghi. Ecco, non lo direi troppo in giro altrimenti poi si svaluta troppo. In pratica, lo minaccio. All'inizio minacce assolutamente insensate: o bevi quella bustina o salti dalla finestra (lo so, non fa rima, ma la minestra me la mangia). Poi più sensate: o la bustina o la peretta.

Capito di essere finito in un angolo, ha deciso che sta bustina se la deve cuccare, ma mica poteva arrendersi così in fretta. Ha pensato bene di prendere la bustina, ma lo stesso di non fare la cacca. Dunque, mal di pancia perchè deve fare la cacca e mal di pancia perchè la trattiene. Spettacolare. E adesso che faccio?

Eh, ma se non lo sai tu che sei psicologa!

Ma vaff... Ho provato a parlarci. In un momento tranquillo quando ero sola con lui, gli ho spiegato che io so cosa sta facendo così anche lui adesso sa che io so che lui... Messo alle strette, con un mezzo sorriso, ha ammesso le sue intenzioni. Ma mica è cambiato nulla.

Per fortuna è intervenuto il caso, quella parte di varianza che non spieghi, ma che grazie a dio c'è. Tempo fa gli è successo di fare la cacca mentre faceva il bagno. Si, si, du palle... tira fuori tutti e due, lavali alla meglio, consola velocemente la vergogna, infagottali in due asciugamani, togli l'acqua dalla vasca, pulisci con la candeggina, riempi la vasca di nuovo... Adesso, ogni volta che devono fare il bagno, lui non vuole perchè ha timore di farla di nuovo nella vasca. Io insisto che non succede niente... e lui la fa nel pannolino. S P E T T A C O L A R E!

Almeno fino alla prossima pensata....

martedì 10 maggio 2011

Alta fedeltà

Avete presente il libro di Nick Hornby, dove il protagonista crea classifiche su ogni categoria dello scibile umano? Adesso ne faccio una io, armatevi di kleenex se avete intenzione di infilarla nell'iPod.


PLAYLIST DELLE CANZONI DA NON ASCOLTARE IN AUTO, IN RIENTRO VERSO CASA, DOPO CHE SI E' LASCIATA LA FAMIGLIA IN AEROPORTO, IN PARTENZA PER L'INGHILTERRA.


1) C'è tempo, Ivano Fossati
2) Still, Elvis Costello
3) La cura, Franco Battiato
4) The scientist, Coldplay
5) Ovunque proteggi, Vinicio Capossela
6) Naviganti, Ivano Fossati
7) Roxanne, nella versione "tango" di Moulin Rouge
8) A te, Jovanotti
9) All this useless beauty, Elvis Costello
10) Non è per sempre, Afterhours

lunedì 9 maggio 2011

Provati per voi

Non è che l'Inghilterra sia poi così tanto famosa per la bontà del suo cibo. Ci sono però due o tre cose che vale la pena provare...


Partiamo da un classico conosciutissimo: la double cream.
Esistono diverse marche, tutte hanno un sapore leggermente diverso, come è differente il sapore del latte da una marca all'altra. Sembra una stupidata, ma non esiste niente di più differente del sapore del latte inglese da marca a marca. Dipenderà da cosa mangiano le mucche, dall'aria che respirano... vai a capire. Un latte sa di panna e l'altro di fumo; una double cream ha un sapore e quella di fianco ne ha un altro.

La double è la regggina di tutte le cream. Il classico è farla colare a cascata direttamente sulla frutta a pezzetti (fragole o berries di vario tipo, anche perchè pure la frutta ha un super sapore di frutta).Se però la conosci meglio ti accorgi che è una che va un pò con tutti.
Stasera, per dire, ho fatto una torta rustica con due tranci di salmone scozzese leggermente affumicato tagliato sottilissimo, due cucchiai di double cream, due porri tagliati sottilissimi e una manciata di asparagi.
Un'altra volta l'ho infilata nell'impasto della torta margherita (sponge cake) al posto del latte. Oppure nell'impasto dei cupcakes. Una sera avevo voglia di fare il purè di patate ma ero a corto di latte quindi ho usato la double... una cosa decisamente dell'altro mondo!!!

Per i vegani puri esiste anche la versione vegetale. Sempre spettacolare colata sopra la frutta, ha un sapore completamente diverso dalla versione classica ed è perfetta per fare la meringata: basta montarne un paio di vasetti, sbriciolare dentro una manciata di meringhette (comprate), aggiungere una manciata di gocce di cioccolato fondente. Infilate tutto nel freezer e quando il dito non affonda più, la meringata è pronta. Se la volete pure figa
da vedere (cool, come dicono i miei figli), basta tirarla fuori mezz'ora prima di mangiarla, capovolgerla e coprire sopra e di lato con altre meringhe sbriciolate finissime.

La terza della serie è la clotted cream. Non esiste un buon termine di paragone per gli italici palati, ma diciamo che si avvicina al mascarpone. La differenza è la consistenza: cremosa e densa, ma anche soffice come se gli avessero infilato dentro delle bollicine d'aria. Diciamo che non l'ho ancora studiata ben bene, ma il test dell'indice lo ha passato alla grande. Proverò un tiramisù all'inglese prima o poi.
Qui ci fanno merenda: prendono gli scones, che da soli ti si piantano di traverso in gola e non ti fanno respirare, li tagliano a metà e li spalmano di clotted. Se la vogliono proprio fare sporca ci mettono anche uno strato di marmellata alla fragola. Annaffiare il tutto con ottimo thè.

Esiste poi una versione extra thick. Il sapore è lo stesso della double ma è molto più densa. Io l'ho usata così: ho fatto caramellare un pò di fette di ananas con un pò di burro (chevvelodicoafà?) e un pizzico di cannella. Poi ho servito una fetta di ananas in un piatto con di fianco una cucchiaiata di extra thick e sopra un cucchiaino di caramello colato a filo.
Infine, le versioni ammazzafegato: chantilly e chocolate souce. Con la prima ci si riempie i bignè, con la seconda li si affoga. Come per i dispiaceri, uguale.

Sempre a proposito di “assaggi”, il più corposo manuale sulle birre inglesi è attualmente under review.