"che basta un filo di vento
per venirci a guidare
perché siamo naviganti
senza navigare
mai."

domenica 28 novembre 2010

Ghost in the nursery, ovvero: come i geni ti fregano i figli

Giorgio ha i suoi ritmi e i suoi tempi per fare le cose. Se una mattina ho fretta e vorrei che i gemelli si alzassero e si vestissero velocemente, in genere, succede che mi scontro con il suo desiderio di poltrire nel letto fino a che non lo decide lui. E non ci sono santi che tengano: mamma arriva in ritardo. Se gli chiedo di fare una cosa, di solito, non la fa mai subito, ma solo quando ritiene opportuno per lui smettere di fare quello che sta facendo (fosse anche niente), alzarsi e finalmente accontentarmi. A quel punto di solito quello che ho chiesto non serve più o lo ha già fatto suo fratello (e chiaramente a quel punto si arrabbia).
Se cambia qualcosa nella sua routine quotidiana, come tipo andare a vivere dall’altra parte d’Europa, ci mette quel mezzo secolo a riprendersi. D’altra parte è anche molto flessibile: quando pensi che stia per cadere definitivamente, riesce a trovare un appiglio per ritrovare il suo equilibrio.
È capace di concentrarsi talmente tanto su di sé che il mondo attorno a lui può pure andare a rotoli che non se ne accorge. È un insicuro che ha sempre bisogno di sentirsi dire che ce la può fare, che ci può provare, che se non riesce non muore nessuno. È orgoglioso, perché se poi non riesce a fare qualcosa da solo si incazza davvero a morte. Ascolta sempre, assorbe tutto. Dopo una discussione un po’ animata in cui lui era presente, ci abbiamo messo un mese (UN MESE) per convincerlo che tutto andava bene e che poteva addormentarsi da solo la sera. E non eravamo io e suo padre a discutere!
E alla fine una cosa che davvero mi fa impazzire: “Giorgio guarda lì, ci sono le tue calze. Me le prendi? No, Giorgio, non là, ma lì. Giorgio, per favore, guarda dove indica il mio dito. Giorgio, accidenti! Le calze! Come fanno a essere su in alto? Cosa guardi a fare il soffitto? No, amore, Giorgio, le calze non sono sotto il letto. Sono lì; vedi il mio dito? Lascia perdere, le prendo io. Grazie lo stesso”
Giorgio assomiglia a Carlo, a volte è Carlo.

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